Pubblichiamo la parte iniziale dell’editoriale che il professor Raul Caruso ha scritto per il quotidiano “Avvenire” e in cui traccia un profilo storico delle grandi crisi del passato, con le possibili rischi per il dopo pandemia
di Raul Caruso *
Una volta che l’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia sarà sotto controllo, il rischio è che si apra una delle più grandi fasi di stagnazione economica degli ultimi secoli e con essa una ristrutturazione dei sistemi politici di riferimento. Il pericolo è ritrovarsi in una nuova «grande crisi generale» paragonabile a quella che gli storici definiscono la «crisi generale del XVII secolo», quando la seconda ondata pandemica di peste fu accompagnata da un profondo cambiamento degli assetti politici ed economici.
Nell’analizzare quel periodo storico, in prima battuta si fa riferimento al famoso saggio di Hobsbawm del 1954 in cui lo storico inglese presentava gli elementi che caratterizzarono la grande crisi che segnò l’inizio della transizione dal feudalesimo al capitalismo e la nascita di un nuovo sistema politico internazionale dopo la pace di Vestfalia del 1648. Hobsbawm individuava in un quadro unico alcuni elementi principali nella grande crisi e precisamente: 1) la stagnazione dei commerci; 2) la demografia in calo; 3) la clusterizzazione di alcuni conflitti violenti e di rivoluzioni. A questi possiamo aggiungere alcuni aspetti non trascurabili studiati a fondo successivamente da altri storici e scienziati sociali e precisamente: 4) la crisi finanziaria del Paese egemone; 5) il crollo dei prezzi nel commercio internazionale e dei tassi di interesse; 6) il cambiamento climatico.
I medesimi elementi sono presenti anche adesso. Attualmente, se il climate change e il rallentamento demografico sono tendenze di lungo periodo, lo stesso non si può dire per conflitti violenti e rallentamento dell’economia globale che hanno subito un’accelerazione successivamente alla grande crisi finanziaria del 2008. In questa prospettiva, pertanto, la recessione globale che seguirà al coronavirus non potrà essere separata dalla grande crisi finanziaria del 2008, ricollegando in un’unica e lunga congiuntura gli effetti della pandemia di oggi al grande choc generatosi nel mercato finanziario. In questo caso il rischio è esattamente quello di doversi ritrovare in una «crisi generale del XXI secolo».
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* docente di Economia della pace, facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, campus di Milano