Prima la Brexit. Poi la crescita dei movimenti populisti. L’Europa attraversa un momento di passaggio e di transizione che rischia di minare il processo di integrazione. Eppure, è in corso un dibattito per rilanciare l’Unione Europea. «C’è la convinzione diffusa che sia necessario fare delle riforme per reagire all’euroscetticismo», spiega Massimo Bordignon, professore di Scienza delle Finanze all’Università Cattolica, tra i promotori del secondo ciclo dei “Colloqui sull’Europa”, organizzato dal Dipartimento di Economia e finanza dell’Ateneo. Ad aprire gli incontri sarà il ministro dell’Economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, che venerdì 1° dicembre, alle 11, nell’Aula Magna di largo Gemelli dopo i saluti istituzionali del Rettore Franco Anelli, parlerà di Prospettive per l’integrazione europea.
«La decisione della Gran Bretagna ha rappresentato uno choc» prosegue l’economista presentando l’incontro. «Ma nello stesso tempo ha aperto una finestra di opportunità, dove l’Europa deve mostrare di reagire alle pressioni attuali e di saper affrontare le nuove sfide: l’immigrazione, il terrorismo, la difesa, l’ambiente, la politica digitale».
C’è un revival di aspettative che sta aprendo reali possibilità di fare riforme. «Stanno arrivando numerose proposte dalla Commissione, dal Parlamento e da importanti Paesi membri, come la Francia. Proprio l’elezione di Macron, con il suo programma fortemente europeista, ha contribuito a dare nuovo slancio al dibattito sui temi dell’unione europea».
Si diffonde la percezione che alcuni problemi non possono essere affrontati dai singoli Stati. «Affrontarli come Ue significa, però, ampliare e modificare il bilancio europeo, rivedere parte dei trattati. La crisi, il terrorismo, la sicurezza esigono risposte comuni e vanno gestiti e finanziati a livello comunitario. Pensiamo al controllo delle frontiere: l’Italia riceve qualche aiuto dagli altri Paesi ma fondamentalmente è un problema nostro. Invece ci sarebbe bisogno di una risposta collettiva perché il problema del controllo delle frontiere riguarda tutta l’Unione Europea».
Nel frattempo, sul tavolo sono diversi i progetti di riforma avanzati. «Per quanto riguarda gli Stati membri dell’eurozona – osserva il professor Bordignon, che è tra i cinque componenti dell’European Fiscal Board – c’è la proposta francese di introdurre un bilancio specifico per quest’area, particolarmente concentrato sul sostegno agli investimenti. Ma si parla anche più genericamente di costruire una “capacità fiscale a livello europeo”, volta a sostenere l’attività d’investimento dei singoli Paesi in situazione di crisi, oppure a sostenerli con co-finanziamenti europei ai sussidi di disoccupazione. Sono tutti esempi di “risk sharing”, utili per paesi che nell’adottare la moneta unica hanno rinunciato ad utilizzare il tasso di cambio come meccanismo di stabilizzazione economica. La Germania, rispetto alla Francia che spinge per una forte integrazione dell’area euro, rimane ancora defilata e insiste piuttosto sulla “risk reduction”. Vanno trovati compromessi ragionevoli».
Resta sullo sfondo la fatica di raggiungerli. Tuttavia qualcosa si sta muovendo e anche l’Italia può offire il suo contributo. «Il ministro Padoan, nel suo intervento in aula Magna, parlerà di queste proposte di riforma e di quanto il governo e il suo ministero hanno fatto su questi temi» afferma il docente della Cattolica. «C’è un gruppo corposo di economisti italiani che, insieme a colleghi di altri Paesi, ragionano su questi temi per sviluppare un approccio comune. Tuttavia con un governo a fine legislatura e il dilemma delle elezioni di fronte, c’è il rischio che il nostro Paese rimanga alla finestra. Uno degli scopi dei Colloqui sull’Europa è aumentare la consapevolezza che ad di là delle posizioni politiche specifiche ci sia bisogno di una posizione comune dell’Italia su questi temi».