Terzo e-book gratuito per Vita e Pensiero. Dopo Il potere della speranza di mons. Tolentino Mendonça e Il segno delle chiese vuote di Tomáš Halík, la casa editrice mette a disposizione, gratuitamente, un nuovo libro in formato digitale: Le regole e la vita. Del buon uso di una crisi, tra letteratura e diritto di Gabrio Forti, direttore dell'Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale.
Il libro nasce dalla speranza che l'ASGP avesse un ‘modo’ per parlare al Paese e alla comunità accademica del problema immane della pandemia che stiamo affrontando tutti insieme, per prepararci con consapevolezza e determinazione alle grandi sfide che ora si stanno profilando. Un'occasione per riflettere su come, pur nella drammatica crisi in corso, ci siano esperienze di cui occorre fare buon uso, fin d’ora.
Di seguito una breve anteprima tratta dall'introduzione del libro che potete scaricare gratuitamente sul sito di Vita e Pensiero.
UN’ATTESA DI LUCE DALLA CARITÀ
di Gabrio Forti
Non si vorrebbe mai che certe cose accadessero, a sé o agli altri. Ma quando accadono, occorre fare il migliore uso umano possibile delle condizioni avverse.
Il che vuol dire che tutti debbano sentirsi interpellati a testimoniare il proprio ‘modo’ di superare le difficoltà, avendo la consapevolezza che se ne potrà uscire solo tutti insieme. Un insieme che potrà e dovrà pazientemente comporsi con le conoscenze e sensibilità di ognuno, per la parte che volenterosamente gli competa. L’idea di questo libro, frutto di un progetto culturale condiviso, è nata appunto dalla aspettativa e dalla speranza che l’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, e specialmente il gruppo di giovani docenti, ricercatori e studiosi delle regole che ne costituisce il cuore pulsante, avesse un ‘modo’ per parlare al Paese e alla vasta e pensante comunità accademica del problema immane che stiamo affrontando tutti insieme. Potremmo anche dire: per parlare al Paese pensando alle nuove generazioni, il cui futuro riceverà da questa pandemia una svolta inaudita, che solo con un grande impegno collettivo potrà essere indirizzata verso condizioni in grado di accoglierne e valorizzarne il patrimonio di intelligenza, impegno e passione.
In questa prospettiva, si vuole qui far risuonare un coro di voci nel quale le competenze propriamente giuridiche si saldino a un umanesimo letterario e filosofico, per comporre una rete di percorsi culturali e giuridici rivolti al «buon uso della crisi». [...]
Alla letteratura e all’arte può e dovrebbe rivolgersi con profitto il professionista del diritto, anche solo per coglierne la comprensione intuitiva, la visione d’insieme su concetti, anche complessi, la cui trattazione scientifica può risultare decisivamente indirizzata dalle lame di luce che da queste espressioni dell’umano arrivano diversamente a ciascuno, e da ciascuna competenza professionale o culturale possono essere recepite in modo diversamente generativo.
Qui un piccolo esempio [...]. Lo si trarrà dall’opera del pittore surrealista spagnolo Joan Miró i Ferrà (1893-1983), del 1926, che si intitola Cane che abbaia alla luna (nella foto) e appare in copertina. L’oscurità, sotto la luna, che invade il dipinto, è punteggiata solo dal biancore patetico di tre minuscole figure: un cane, una scala e un uccello che volteggia nell’aria. Avvertiamo immediatamente il senso di smarrimento dell’essere vivente al cospetto di un’immensità sconosciuta. Si percepisce proprio quel timore dell’ignoto di cui parla Canetti. La luce è lontana e rischiamo tutti, come individui e comunità, di illuderci che i nostri latrati, magari rivolti rabbiosamente contro qualcuno, ci permettano di compensare la impotenza cognitiva e la perdita di controllo sull’ambiente e sulla natura che ci inquietano. Traiamo da questa immagine la rivelazione folgorante dei meccanismi illusionistici, perversi e dia-bolicamente divisivi, che incombono sul nostro presente e, soprattutto, sul nostro futuro, magari nella forma di digrigni guerreschi e accusatori, delle ostentazioni di forza e dei segni antichi della potenza sovrana.
Stretti dai verdetti arcani e imperiosi di una natura che può essere selvaggia e crudele, se non vogliamo fare come quel cane, tristemente isolato nell’oscurità, che abbaia alla luna per vincere l’angoscia della solitudine impotente, non abbiamo altra risorsa che la ricerca di una luce riscaldata dal tepore della solidarietà. Una luce condivisa grazie alla ‘benevolenza’ gli uni verso gli altri evocata da Manzoni in un passo straordinario de I promessi sposi (opportunamente ricordato in questi giorni da Renato Balduzzi)