Lo ha annunciato con un tweet mercoledì in tarda serata il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Milena Santerini (nella foto in alto con la senatrice a vita Liliana Segre) sarà nominata “Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo”. Ai microfoni di Cattolicanews la professoressa, ordinario di Pedagogia generale e docente di Pedagogia interculturale dell’Ateneo, si è dichiarata onorata di questo incarico.
Come è nata l’idea di questa nuova figura all’interno del governo italiano? «Nel 2017 il Parlamento europeo ha chiesto agli stati membri di nominare un coordinatore per la lotta contro l’antisemitismo, compito molto importante a fronte di un significativo aumento anche in Italia dell’antisemitismo in termini quantitativi e qualitativi. È rilevante in questa decisione anche l’aspetto del negazionismo su cui il nostro Paese ha anche approvato una legge ma non è ancora stato risolto il problema delle forme molto diffuse, liquide e apparentemente banali, che riguardano l’antisemitismo».
Come si caratterizzano le forme liquide di antisemitismo oggi? «Mentre l’antisemitismo classico è più di tipo razziale, biologico - e la maggior parte degli italiani non si riconosce in questo tipo di odio -, queste nuove forme riguardano pensieri e comportamenti che alla lunga possono portare a un odio più strutturato: il pregiudizio, l’esclusione, il concetto del “noi e loro”, l’idea che l’olocausto in fondo non sia avvenuto e che ci siano gruppi che complottano contro di noi. A ben vedere queste sono le forme che hanno permesso ai tedeschi e agli italiani in epoca nazista di accettare la deportazione. C’è un forte legame tra queste due modalità!».
Come si possono coinvolgere le nuove generazioni in questo processo di sensibilizzazione? «Dobbiamo lavorare sulla trasmissione di una memoria nuova che non si accontenti di ripetere solo come si sono svolti i fatti perché siamo di fronte a un pregiudizio, una ostilità da parte delle nuove generazioni che vanno coinvolte spiegando come è avvenuto l’Olocausto e facendo leva sul fatto che i giovani oggi hanno una coscienza dei diritti umani che non può permettere l’esclusione né tanto meno che quella parte abominevole della storia si ripeta. Dobbiamo partire dalle premesse non solo dal racconto dello sterminio. Considerando anche che le persone si difendono e rifuggono dalla sofferenza e tendenzialmente spengono la tv quando c’è un film sull’Olocausto».
Il coordinatore per la lotta all’antisemitismo quali compiti avrà? «Ci sarà un lavoro istituzionale da portare avanti e norme che dovranno diventare operative. L’Italia ha buone leggi come la legge Mancino e la legge sul negazionismo, ma se il Consiglio dei ministri, insieme alla nomina del coordinatore, approverà anche la definizione di antisemitismo data dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), allora potremo partire da lì. Quella definizione contiene, infatti, dei punti illustrativi su come l’antisemitismo oggi si esprime in queste forme culturali che per esempio mischiano l’ostilità verso alcune politiche del governo israeliano con l’ostilità verso il popolo ebreo. Da qui a dire che Israele sta replicando le azioni del nazismo il passo è breve e questa idea va destrutturata».
Cosa dice la definizione delI’IHRA sull’Olocausto? «Definisce una percezione nuova degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti e aggiunge che “manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree o non ebree e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto”. Seguono alla definizione alcuni esempi concreti come incolpare gli ebrei di essere responsabili di comportamenti scorretti, negare l’olocausto, accusare gli ebrei come popolo e non Israele come Stato, avere inventato o esagerato le dimensioni dell’Olocausto, negare al popolo ebreo il diritto all’autodeterminazione. Sarà compito del Coordinatore capire quali di questi esempi possano essere tradotti in termini operativi, certamente partendo dal principio che paragonare la politica odierna di Israele a quella dei nazisti è antisemitismo, e lo è allo stesso modo ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni politiche di Israele».
Chi sono i primi soggetti da sensibilizzare? «Sul piano culturale occorre innanzitutto partire dalla formazione degli insegnanti perché discutano con i ragazzi affrontando il contraddittorio e combattendo l’idea diffusa che “Israele è come i nazisti”. Poi individuerei tre soggetti principali da sensibilizzare: le scuole, il mondo sportivo e la rete. Prima di tutto però ci sarà un grande lavoro di condivisione dei principi da difendere e promuovere tra tutti i soggetti coinvolti, consapevoli che molte iniziative efficaci esistono già e che è fondamentale schierarsi contro tutte le forme di ostilità che si assomigliano».