È stato Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le opere di religione (Ior), l’ospite d’eccezione che, intervenendo sul tema Aspetti etici dell’attuale crisi economica mondiale, ha inaugurato lo scorso 30 marzo presso la sede di Roma dell’Università Cattolica il nuovo Itinerario di formazione culturale cattolica.
L’Ateneo del Sacro Cuore, infatti, intende proporre in particolare agli specializzandi e dottorandi delle proprie Facoltà di Medicina e chirurgia e di Economia una serie di incontri con relatori di prestigio che – come ha spiegato nel suo saluto il rettore, Lorenzo Ornaghi – consentiranno di «far parlare tra loro le diverse discipline e, nel contempo, riscoprire la specificità della visione cattolica sul reale: una visione preziosa per la società intera. Ambiti come l’etica e l’economia, in questo senso, appaiono cruciali e vanno analizzati anche nella prospettiva di un’adeguata riconsiderazione delle virtù, categorie talvolta trascurate».
Ne è altrettanto convinto l’assistente ecclesiastico generale, monsignor Sergio Lanza: introducendo i lavori ha ribadito che «l’autentica universitas nasce dal dialogo dei molteplici saperi i quali, solo insieme, si trasformano in sapienza. Per questo la Weltanschauung cattolica ha un alto valore: si pone come sintesi oltre la frammentazione intellettuale, al servizio dell’uomo». A Gotti Tedeschi hanno rivolto il loro benvenuto anche i due presidi delle Facoltà di Medicina e chirurgia, Rocco Bellantone, ed Economia, Domenico Bodega: il primo sottolineando come «nella sanità pesano sempre più le questioni di bilancio, spesso però a discapito della miglior cura dei pazienti»; il secondo invitando a «compiere uno sforzo collettivo e libero per superare la crisi, integrando la dimensione ideale dell’etica con la concretezza della realtà e dei suoi limiti».
Il presidente dello Ior, da parte sua, ha offerto una riflessione appassionata su origini, sviluppo ed effetti della situazione di emergenza economico-finanziaria che si è verificata. E al pubblico presente in sala, fra cui il direttore amministrativo, Marco Elefanti, il direttore di sede, Giancarlo Furnari, e il direttore del Policlinico “A. Gemelli”, Cesare Catananti, ha parlato con grande franchezza: «Se si chiede quale è stata la causa della crisi economica mondiale che stiamo attraversando, molti risponderanno: colpa dei banchieri, degli strumenti finanziari, dell’uso eccessivo della leva finanziaria e dell’indebitamento, della delocalizzazione in Asia. Ma è vero? No, per niente. Queste sono, esse stesse, solo alcune delle conseguenze. Le vere cause, invece, sono totalmente di carattere morale».
Si pensi, per esempio, al drastico calo di natalità patito dall’Occidente, una sorta di «rifiuto nichilistico di donare la vita»: un fenomeno che, partito dagli anni Settanta, ci ha portato a una sostanziale ‘crescita zero’. Così si è innescato il circolo vizioso: meno giovani che accedono al mondo del lavoro, meno matrimoni e figli, più anziani, più spese fisse per sanità e pensioni. E il Pil in diminuzione ha costretto i Paesi sviluppati a insistere ancor più sui consumi. Intanto, l’Asia ha consolidato il suo ruolo nella produzione dei beni principali, determinando una dicotomia esiziale: «Il mondo si è spaccato in due: noi consumiamo, loro producono». Ma il meccanismo si è inceppato, i debiti delle famiglie e soprattutto delle banche sono cresciuti a dismisura e le nazioni hanno dovuto assumersene l’onere. Gotti Tedeschi ammonisce i numerosi giovani in attento ascolto: «Non siamo ancora fuori dalla crisi. E sarà un cammino lungo e difficile: non abbiamo ancora risentito degli effetti più negativi, su occupazione e tenore di vita».
Come uscire, allora, da questo vicolo cieco? Il presidente dello Ior non ha dubbi: occorre accettare il pressante invito all’austerità e a una rinnovata tensione antropologica a cui Benedetto XVI richiama da tempo e, in modo speciale, nell’enciclica Caritas in veritate. Proprio da essa mons. Lanza ha tratto le significative parole con cui ha concluso l’incontro: «Il problema dello sviluppo è strettamente collegato anche alla nostra concezione dell’anima dell’uomo […]. Lo sviluppo deve comprendere una crescita spirituale oltre che materiale, perché la persona umana è un’“unità di anima e corpo”» (76).