«L’uscita dall’euro avrebbe conseguenze molto negative». Il professor Angelo Baglioni, docente di Microeconomia alla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica, non ha dubbi. Da attento osservatore e studioso delle dinamiche economico-monetarie, il professore fornisce la sua chiave di lettura per capire meglio il clima di sfiducia che sta vivendo l’euro. Una situazione a cui hanno contribuito anche le autorità europee. «Hanno responsabilità specifiche - afferma - : oltre a essere sempre più complesse e lontane dai cittadini, sfornano regole sempre più difficili da comprendere perfino per gli addetti ai lavori. Basti pensare alle regole sulla finanza pubblica: fiscal compact, two-pack, six-pack, semestre europeo. Serve piuttosto uno sforzo per avvicinare le istituzioni europee ai cittadini: semplificazione e legittimazione».
Quali sono i benefici che l’euro ha dato al nostro Paese? Ci ha consentito di godere di un lungo periodo di tassi d’interesse bassi, in cui avremmo potuto mettere in ordine i nostri conti pubblici. Se non l’abbiamo fatto, è colpa nostra, non dell’Europa. Ci ha anche consentito di avere una stabilità dei prezzi che non avevamo da tempo. L’uscita dall’euro avrebbe conseguenze molto negative.
Paesi come Francia, Spagna e Italia beneficerebbero di un’uscita dall’euro. È così? Il guadagno immediato di competitività sarebbe presto annullato dalla ripresa dell’inflazione, dovuta alla svalutazione della “nuova lira”: la spirale svalutazione-inflazione è un fenomeno che l’Italia conosce bene, con l’esperienza degli anni settanta-ottanta. Tutti i debiti che, per ragioni legali, non potessero essere ri-denominati nella nuova valuta, e quindi resterebbero in euro, sarebbero rivalutati: ciò potrebbe avere conseguenze molto negative sul settore pubblico e anche su imprese private e banche.
Quali altri effetti produrrebbe lasciare la moneta unica? La fase di transizione sarebbe molto difficile e rischiosa: vi sarebbero forti spinte alla fuga di capitali all’estero, per timore di vedere i propri risparmi convertiti in una moneta destinata a svalutarsi. Per gestire la situazione occorrerebbe introdurre vincoli ai movimenti di capitale e probabilmente anche alla possibilità di ritirare denaro dalle banche.
E in termini macroeconomici che cosa accadrebbe? Per l’Europa, l’uscita dell’Italia dalla zona euro significherebbe la fine della moneta unica. Partirebbe subito la speculazione contro il Paese destinato a seguire le sorti dell’Italia.
Le tensioni conseguenti potrebbero portare a un arretramento del processo di integrazione europeo? La perdita di fiducia e la fuga di capitali dall’Europa getterebbero il continente in una pesante recessione. L’Italia sarebbe investita in pieno da questo processo, e subirebbe molto probabilmente ritorsioni commerciali dagli altri Paesi, che non starebbero a guardare inerti di fronte alla perdita di competitività conseguente alla rivalutazione della loro moneta rispetto alla “nuova lira”.
Di certo la politica dell’austerity e del rigore dei tedeschi non ci aiuta. La Germania ha imposto una linea basata solo sui controlli e sui vincoli, lasciando poco spazio alla cooperazione e alle politiche per la crescita. Dovrebbe fare invece una politica macroeconomica più espansiva, trainando gli altri Paesi su un sentiero di crescita.
E l’Unione europea, cosa deve fare per riacquistare credibilità? Il progetto europeo non può basarsi solo sulla moneta unica. Deve fare un salto in termini di maggiore integrazione fiscale e politica, dotandosi di un consistente bilancio federale, gestito da un governo europeo legittimato democraticamente. (k.b.)