È uno dei più importanti giornalisti in Italia e certamente fra i volti più noti della televisione, ma da quasi vent’anni riesce anche a ritagliarsi un ruolo da "cronista della storia" (come ama definirsi) e a raccontare vizi e virtù del nostro Paese, analizzandone aspetti sociali e risvolti politici con arguzia e ricca documentazione: è Bruno Vespa, ospite il 20 dicembre 2010 – con il suo ultimo volume Il cuore e la spada – del terzo incontro di “Il cielo nelle stanze”, rassegna promossa dal Policlinico universitario “Agostino Gemelli” e dalle librerie Arion. Nel dialogo condotto con la consueta maestria da Luciano Onder sono stati toccati numerosi argomenti, dal Risorgimento e i suoi protagonisti, fino alla crisi di governo sfiorata a metà dicembre; Vespa ha così potuto ripercorrere decenni di vicende nazionali, nel contempo dando ancora una volta dimostrazione della sua professionalità, ma anche di autoironica simpatia, ai numerosi malati e visitatori intervenuti nella hall o collegati dai reparti grazie al sistema tv a circuito chiuso del Policlinico.
Immancabili i riferimenti a grandi figure del passato: tra i molti citati, Garibaldi, «fortunato quanto coraggioso nella sua spedizione con i 1000»; Mazzini, «che, a ben vedere, organizzò diversi moti, ma nessuno ebbe esito»; De Gasperi, «il migliore presidente del Consiglio di sempre, anche se Berlusconi non è del tutto d’accordo con questa valutazione…». Ecco, Silvio Berlusconi: un tema a sé. A lui Vespa non si sente legato in modo particolare, anzi: «Quando è all’opposizione posso lavorare con più tranquillità, senza subire accuse immeritate. Perché nessuno ha mai provato che nella mia trasmissione non vi sia assoluta imparzialità. Io pongo dei problemi e chiedo ai politici come intendano affrontarli». All’attuale premier Vespa riconosce «autentico fiuto politico, fin dal 1994, e il rapporto carismatico con la folla», ma rimprovera la stretta sui fondi a scuola, università e ricerca, perché «non si taglia il futuro» e l’atteggiamento «quantomeno imprudente» a seguito del quale sono nati i casi delle sue giovani ‘ospiti’ a Palazzo Grazioli.
Non si è parlato, però, solo di politici: ciò che conta, per Vespa, è piuttosto la politica. A suo parere, infatti, «l’Italia è un Paese flaccido. Manca la capacità di agire e di muoversi, non sappiamo fare squadra. Dobbiamo sbloccarci». Esaminando il presente in chiave storica, si giunge forse a un’osservazione amara, tuttavia necessaria: «il nostro secondo dopoguerra è stato un grande esempio di voglia e di fame. Oggi quella fame non c’è più, soprattutto nei nostri giovani. Ci sono sicuramente meno opportunità in giro, ma c’è anche scarsa attitudine a procurarsene. Anche se, quando gli italiani si impegnano, non ce n’è per nessuno». Parole riconoscenti sono state poi spese da Vespa nei confronti di alcuni autentici ‘mostri sacri’ del giornalismo, tre in particolare: Indro Montanelli, «che aveva il dono di descrivere i fatti con verosimiglianza», Sergio Zavoli, «per la qualità dei servizi prodotti», ed Emilio Rossi «attentissimo al controllo delle fonti delle notizie».
Per quel che riguarda il prossimo libro, c’è già un’idea, ma Vespa non la svela; confessa solo scherzosamente: «sarà la mia tomba». Intanto prosegue il nutrito piano di presentazione de Il cuore e la spada, in cui tuttavia manca un’intervista da Fabio Fazio al suo fortunato Che tempo che fa. «Come mai non ci va?», domanda provocatorio Onder :«Perché lui non mi invita - replica il conduttore - io ci andrei. In fondo ha iniziato la carriera con la mia imitazione, fra le altre».
Chi ha orecchie per intendere…