“Libri, lettori, immagini”: il titolo dato alla quinta edizione di “Libri, e lettori a Brescia tra Medioevo e età moderna” riassume in tre parole i temi che sono stati toccati nella giornata di studio che si è tenuta il 4 maggio nella Sala della Gloria della sede bresciana dell’Università Cattolica. L’appuntamento era stato preceduto il 28 aprile dall’intervento di Simona Gavinelli, su “Arte e cultura nella Brescia di primo Cinquecento: Altobello Averoldi vescovo di Pola e le sue collezioni” nella splendida cornice di Palazzo Averoldi. Anche questa’anno l’iniziativa “Libri e lettori” è stata organizzata grazie alla collaborazione del dipartimento di Studi storici e filologici con il Centro di ricerca europeo Libro editoria biblioteca (Creleb) e la Fondazione Ugo da Como di Lonato.
Dopo i saluti del direttore del dipartimento Mario Taccolini e del presidente della Fondazione Francesco Lechi, sotto la presidenza di Carla Maria Monti si è dato il via alla giornata di studio con l’intervento di Roberto Tagliani dedicato a “Antichi testi bresciani: nuovi affioramenti”. Tagliani, docente di Filologia romanza all’Università degli Studi di Milano, ha dimostrato come un antico manoscritto conservato nell’Archivio di Stato di Brescia, il Codice instrumentario dei Disciplini di San Cristoforo, contenente al suo interno l’esempio più antico di volgare bresciano, pur essendo già stato studiato nei primi anni del ‘900 da Giuseppe Bonelli e, in seguito, da Gianfranco Contini, non aveva finito di rivelare sorprese. Due testi, infatti, non erano stati messi in evidenza dal lavoro dei due grandi studiosi: la Passio e il Planctus Beatae Virginis. Il lavoro condotto da Tagliani, in équipe con la professoressa Carla Bino, docente di Storia del Teatro a Brescia, si è dimostrato ricco di spunti sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista storico-sociale, grazie alla descrizione dell’ufficio liturgico del Giovedì santo nelle chiese abituali di ciascuna confraternita bresciana.
Il secondo intervento è stato affidato a Melissa Francinelli, che indaga le vicende di “Bartolomeo da Castel della Pieve, grammatico e rimatore del Trecento a Brescia”. La giovane studiosa vuole scoprire perché un poeta umbro si trasferisca a Brescia e lì venga incarcerato. Bartolomeo è nel novero di quei poeti del centro Italia che, a causa della crisi dell’istituzione del comune, sono costretti a cercare riparo e un mecenate nelle corti signorili del Nord. Notizie sulla sua vita si ricavano da una lettera conservata a testimone unico nella Biblioteca Angelo Mai di Bergamo. Ignorato da gran parte della critica moderna, di lui si sono conservati diciassette componimenti, non datati, che propongono i temi caratteristici delle rime cortigiane, e rivelano un substrato ben più consistente di riferimenti e rimandi intertestuali (in primis con la Commedia dantesca) di quanto non si era supposto.
La seconda parte della mattinata ha posto attenzione ai lavori dell’ambito artistico. Stefania Buganza e Marco Rossi, docenti di Storia dell'Arte all'Università Cattolica, hanno presentato le miniature dei codici malatestiani. Durante l’effimera signoria di Pandolfo Malatesta, Brescia diventa la capitale di un piccolo stato, e attira artisti da tutta Italia. Sotto la commissione di Pandolfo, oltre ad affreschi e prodotti d’oreficeria, vi sono anche dei codici abilmente miniati, segno di uno scambio della città bresciana con artigiani miniatori esterni, o di un vero e proprio centro scrittorio nella città cidnea.
Gianni Bergamaschi ha passato invece in rassegna gli sviluppi iconografici e le contaminazioni agiografiche del racconto del martirio di Santa Giulia. Il corpus della santa arriva a Brescia nel 762 circa. Ricostruendo le vicende redazionali della Passio durante i secoli, Bergamaschi è in grado di mappare il percorso del culto della santa e della traslazione delle sue reliquie: da Nonza in Corsica all’Isola Margherita di Gorgona, da Lucca a Brescia. Durante i secoli il racconto del martirio di Santa Giulia fu contaminato con quello di altre sante, in primis Sant’Agata, e la contaminazione agiografica si riflette in quella iconografica, come è possibile vedere in numerosi affreschi riguardanti le due sante a Brescia ma non solo.
Nell’ultimo intervento della mattinata, Giancarlo Petrella, docente di Discipline del Libro in Cattolica, svela i segreti dell’edizione illustrata della “Commedia” pubblicata a Brescia nel 1487 dal tipografo di origini dalmate Bonino Bonini. Il lavoro di Petrella intreccia diverse competenze: dall’incunabolistica alla storia dell’illustrazione libraria. Nell’edizione bresciana, la seconda edizione illustrata della Commedia in assoluto, ogni canto è accompagnato da una silografia fino al I canto del Paradiso. Le silografie, nate dalla mano di diversi artisti, sono 68, ma le matrici solo 60, e ciò indica un parziale riuso delle stesse. La bottega esterna degli incisori è più lenta di quella del tipografo Bonino e spesso le matrici silografiche non giungono nei tempi previsti per la composizione e la stampa dei canti cui si riferiscono. Dopo il primo canto del Paradiso il progetto di Bonino naufraga e a noi resta la storia di un parziale fallimento editoriale, testimoniato dalle edizioni ordinarie, e da quelle stra-ordinarie, che contengono ciascuna un numero di varianti tale da non poter parlare di esemplare ideale.
I lavori pomeridiani, presieduti da Andrea Canova, docente di Letteratura Italiana in Cattolica, si sono aperti con l’intervento di Vanessa Marenda, dottore di ricerca alla Scuola di Dottorato europea in Filologia romanza, che ha illustrato una nuova redazione della leggenda di santa Margherita in un codice agiografico queriniano e ricostruisce con perizia lo stemma codicum dei vari testimoni. Dall’Università di Roma, Giuseppe Crimi, esperto di letteratura comica quattro e cinquecentesca, ha portato il proprio contributo su Francesco Moise Chersino e la “poesia della bugia”: il letterato, rivolgendosi proprio al pubblico bresciano, nel suo Capriccio ricco di metamorfosi e non sense, ci dona un ritratto di Brescia come mondo fiabesco e mondo all’inverso, una Brescia popolata da caprioli, leoni e altri animali fantastici (in realtà emblemi delle famiglie del territorio), una Brescia che non è difficile riconoscere grazie ai numerosi toponomi, una città in cui il paradosso è la legge.
Gli ultimi interventi hanno trattato la storia delle biblioteche e dell’antiquariato. Il primo, esposto da Enrico Valseriati, dottorando dell’Università degli Studi di Verona, ha illustrato la storia di una biblioteca, la Libreria Saibante, e della dispersione del suo fondo attraverso i secoli. È, infatti, difficile che le biblioteche di privati sopravvivano al loro creatore, ed è quello che accade anche alla biblioteca di Giovanni Saibante, il cui fondo venne acquistato da Gianfilippi, poi sembrato durante aste tenutesi tra Londra e Parigi nella seconda metà dell’Ottocento, e oggi si trova diviso in varie biblioteche in tutto il mondo. È toccato poi ad Alessandro Tedesco, dell’Università Cattolica, presentare “Il mito di Tommaso Ferrando nella storiografia dei sec. XVIII-XX”. Nel 1471 entrano a Brescia i torchi del tipografo Ferrando, originario di Treviglio, in società con due tipografi francesi. Sotto quei torchi verranno pubblicate solo poche edizioni, e cesseranno definitivamente di essere nel 1494. Ferrando è un maestro di grammatica, e per questo si appoggia a due tipografi stranieri perché gli insegnino il mestiere. Nella storiografia successiva passerà da grande tipografo, a semplice finanziatore dell’impresa, a povero diavolo senza competenze tipografiche e con scarse capacità imprenditoriali.
Luca Rivali, docente di Discipline del libro in Cattolica, ha posto l’attenzione sulla figura di Paolo Guerrini e i suoi rapporti con Ugo da Como. Guerrini, sacerdote, ebbe da sempre a cuore la Biblioteca Queriniana, di cui divenne bibliotecario nel 1924, fino al 1928, anno in cui fu escluso sia dalla Queriniana che dall’Ateneo. È a questi anni che risale la corrispondenza con Ugo da Como, che a Roma acquista libri dal mercato antiquario, li invia poi a Brescia chiedendo il parere di Guerrini, di cui ci resta il ritratto, non solo di erudito e storico, ma anche di amante del libro e parte attiva di un commercio librario che pone al centro la città di Brescia. Per concludere, Edoardo Barbieri, direttore del Creleb, ha riassunto i punti che hanno caratterizzato la giornata di studi: la forza iconografica del libro, la capacità di riflettere sulla storia recente e di porre luce su argomenti già studiati ma che possono rivelare delle sorprese se analizzati con occhi nuovi, la presenza di giovani studiosi. È in corso d’opera la costruzione di uno strumento on line per la fruizione degli interventi delle varie edizioni di “Libri e lettori a Brescia”, curato da Carla Maria Monti e da Luca Rivali, nel tentativo di omogeneizzare le edizioni cartacee uscite presso case editrici diverse. Vuole essere un modo semplice e gratuito per far conoscere i lavori che sono scaturiti dal progetto di ricerca sulla città di Brescia, che dura ormai da undici anni, nato da un’idea e dalla collaborazione di vari professori e studiosi. Per dimostrare come parlare a lungo di Brescia, non sia un chiudersi alla dimensione cittadina, ma un aprirsi a una molteplicità di direzioni.