Sedici “assistenti familiari” specializzati nelle problematiche collegate alla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) hanno ottenuto l’attestato di fine lo scorso 8 febbraio, presso la Regione Lazio, in occasione del convegno “Assistenti familiari e pazienti affetti da SLA”.
Il convegno, promosso da A.T.S. Formazione Obiettivo Uomo e Obiettivo Uomo insieme all'Università Cattolica - Policlinico Universitario "A. Gemelli" di Roma, con il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Regione Lazio (Assessorato al Lavoro e Formazione e Assessorato alle Politiche sociali), è stato l’evento di chiusura del Corso di formazione per Assistenti familiari di persone affette da SLA svolto presso il Policlinico Gemelli. La direzione scientifica e la formazione degli assistenti è stata curata da un gruppo di lavoro multidisciplinare che ha coinvolto pneumologi, neurologi e geriatri del Gemelli.
«Oggi la richiesta di assistenza è sempre più capillare, tanto che si prevede un vero e proprio boom di richieste di addetti in questo campo - ha dichiarato in apertura Mariella Zezza, assessore regionale al Lavoro e Formazione. Secondo l'Istat – ha aggiunto - nel 2010 le persone con assistenza familiare erano due milioni e mezzo, ma le statistiche ci parlano di tre milioni di persone con questa necessità, cui spesso risponde la rete familiare, oggi fin troppo sfruttata».
La crescente richiesta di assistenti familiari dipende anche dal fatto che «l'80% degli italiani è proprietario di casa – ha spiegato Roberto Bernabei, direttore del Dipartimento di Scienze gerontologiche, geriatriche e fisiatriche del Policlinico Gemelli - e questo ha limitato il numero delle Rsa, che in Italia sono molto meno che in altri Paesi. Gli anziani restano a casa e di conseguenza esplode la richiesta di assistenza. Il problema è dunque dotare le famiglie di professionalità congrue: ci sono tanti anziani e tanti fragili. Lo scorso anno - ha continuato Bernabei - 121 pazienti affetti da Sla sono stati ricoverati al Gemelli, ma c'è un’ampia quota domestica. Per questa particolare malattia, che esprime particolari necessità, occorrono punti unici di accesso e nuove figure professionali, professionisti della valutazione del bisogno».
Secondo Salvatore Valente, docente di Pneumologia della Cattolica di Roma, la questione della formazione è strettamente collegata con il problema della continuità assistenziale, che implica la presa in carico globale del paziente: «Siamo di fronte a una malattia che comporta per il malato scelte individuali e responsabili - ha spiegato lo pneumologo - e a fronte di queste necessità, fino a pochi anni fa avevamo davanti uno scenario desolante, fatto di una serie di interlocutori frammentari e separati. Serve quindi una rete assistenziale multidisciplinare nelle singole regioni. Un importante passo avanti è stato compiuto, in questo senso, con l'accordo siglato il 25 maggio 2011 dalla Conferenza Stato-regioni, che all'articolo 3 si riferisce ai "centri di riferimento" come unità funzionali che assicurano la presa in carico globale e garantiscono al proprio interno tutte le competenze multidisciplinari, diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali».