Milioni di vite salvate nel mondo in circa 30 anni, molte migliaia di vite salvate ogni anno nel nostro Paese e decine di migliaia di eventi cardiovascolari non fatali evitati: è questo l'ingente risultato messo a segno dai "papà" dell'aspirina a basse dosi usata nella prevenzione di infarto e ictus ischemico, il farmacologo italiano Carlo Patrono, direttore dell'Istituto di Farmacologia della facoltà di Medicina "A. Gemelli" della sede di Roma dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, nonché Accademico dei Lincei, e il farmacologo irlandese Garret FitzGerald, Chairman del dipartimento di Farmacologia della Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania a Philadelphia.
I due farmacologi sono stati insigniti del premio più prestigioso al mondo per la ricerca cardiovascolare: il Grand Prix Scientifique 2013 dell'Institut de France Fondation Lefoulon-Delalande, assegnato da un Comitato Scientifico internazionale composto da 14 membri, di cui ha dato notizia la prestigiosa rivista Science. Il premio, dell'ammontare di 500 mila euro, attribuisce loro, appunto, la "paternità" dell'aspirina a basse dosi come farmaco antitrombotico (ovvero che contrasta la formazione di pericolosi trombi nelle arterie). «Una paternità della quale - spiega il professor Patrono - io e Garret condividiamo il coraggio iniziale e la responsabilità da oltre 30 anni». L'alta onorificenza sarà consegnata a Parigi il 5 giugno nella sede dell'Institut de France.
A Patrono e FitzGerald va il merito di aver compreso l'azione pro-trombotica di alcune prostaglandine, piccole molecole di natura lipidica prodotte dal nostro organismo, e l'efficacia delle basse dosi di aspirina nel contrastare selettivamente la loro produzione da parte delle piastrine del sangue, risparmiando la formazione di altre prostaglandine ad azione protettiva.
"Il nostro merito - commenta Patrono - è stato concentrare le ricerche sul meccanismo d'azione dell'aspirina (l'inibizione della sintesi di prostaglandine), e sviluppare metodi innovativi (dosaggi radioimmunologici e spettrometria di massa) per misurare gli effetti dell'aspirina sulla produzione di queste sostanze nell'uomo, prima in soggetti sani e poi in pazienti con patologia cardiovascolare, contribuendo a chiarire le circostanze in cui la formazione di prostaglandine ad azione pro-trombotica è aumentata e fornendo quindi il razionale per studi d'intervento farmacologico (trial clinici)».
«Il merito - continua Patrono - va quindi esteso ai molti cardiologi e neurologi, europei e americani, i quali hanno deciso di verificare l'efficacia e la sicurezza delle basse dosi di aspirina, da noi suggerite come ottimali per ottenere l'effetto desiderato minimizzando gli effetti collaterali, in numerosi trial clinici di decine di migliaia di pazienti». Oggi assunta solo in Italia da circa sei milioni di persone, l'aspirina a basse dosi (acido acetilsalicilico in dosi comprese tra 75 e 100 milligrammi da assumere una volta al giorno) riduce la mortalità dei pazienti con infarto acuto del miocardio di circa un quarto, cioè nella stessa misura della trombolisi (la disostruzione del trombo coronarico con sostanze ad azione fibrinolitica quali la streptochinasi). La dimostrazione principale di ciò risale a 25 anni fa, quando lo studio internazionale ISIS-2 (International Study of Infarct Survival Collaborative Group, Lancet 1988) ha dimostrato che gli effetti protettivi dell'aspirina e della trombolisi si sommano l'uno all'altro, cambiando radicalmente il modo di trattare l'infarto acuto e di fare prevenzione nei confronti di una possibile ricorrenza dell'infarto. «Un percorso analogo è stato compiuto, pochi anni dopo, per il trattamento acuto e la prevenzione secondaria dell'ictus cerebrale di natura ischemica», prosegue il professor Patrono.
Ma l'aspirina non smetterà di stupirci, la ricerca infatti continua per caratterizzare ulteriormente questo salvavita: «Le principali linee di ricerca che il mio Gruppo sta sviluppando - rileva il professor Patrono - sono essenzialmente due: una riguarda la personalizzazione della terapia anti-aggregante piastrinica, attraverso lo studio dei determinanti della variabilità interindividuale nella risposta all'aspirina in alcune condizioni cliniche ad alto rischio cardiovascolare, come ad esempio il diabete; la seconda linea di ricerca riguarda la caratterizzazione dei meccanismi attraverso i quali l'aspirina a basse dosi sembra esercitare un effetto protettivo nei confronti di alcuni tumori (in particolare quelli intestinali, come dimostrato da una serie di studi pubblicati nel corso degli ultimi 3 anni), compreso il possibile ruolo delle piastrine nelle fasi iniziali della trasformazione neoplastica a livello colo-rettale».