di Idana Amati *
È il concetto stesso di “vita” che muta profondamente dopo aver vissuto un’esperienza di volontariato in una terra come l’India, tanto affascinante e intrigante quanto povera e paradossale. È il paradosso infatti a regnare sovrano nella terra delle caste, dove a colpo d’occhio è palesemente visibile una netta contrapposizione tra la smodata ricchezza che caratterizza le grandi città e la drammatica miseria presente nei villaggi.
Grazie al “Charity Work Program” sostenuto dal Cesi dell’Università Cattolica, ho avuto modo in tre settimane di permanenza al Bala Vikasa, l’Ong che si occupa di vari programmi di sostegno nelle zone più depresse dell’Andrha Pradesh, di toccare con mano i problemi reali che attanagliano queste zone nonché di osservare la dedizione di chi, sebbene più fortunato operi costantemente a favore del prossimo. Mr. Shoury direttore dell’organizzazione e Sunita, sua moglie, insieme a un’équipe di circa 15 membri lavorano a una serie di progetti nel territorio dell’Andra Pradesh volti a migliorare le condizioni di vita e di salute della popolazione.
Questa “famiglia”, come amano definirsi per via del loro modo di relazionarsi improntato in un’ottica prettamente famigliare piuttosto che professionale, ha al suo attivo numerosi progetti nel territorio: dagli impianti di purificazione dell’acqua, all’installazione di pozzi, a progetti di sostegno per le vedove, ai corsi di formazione, tutti volti a sensibilizzare la cultura generale della popolazione locale in vista di un proficuo miglioramento delle loro condizioni di vita. All’insegna del motto del Bala Vikasa coniato dalla sua fondatrice: «Help people to help themselves». Un volontariato non finalizzato alla mera donazione materiale ma alla fornire gli strumenti e la formazione che possano permettere ai meno fortunati di crescere e svilupparsi con le proprie forze.
Mi sono accostata a una realtà sconosciuta che mi ha insegnato a relazionarmi con individui di cultura e tradizioni profondamente distanti e mi ha fatto comprendere l’importanza del concetto stesso di “altruismo” nell’accezione più pura e cristiana del termine. Ciò che mi ha stupito profondamente e porterò nel cuore sarà la grande ospitalità e disponibilità di tutti coloro con i quali siamo venuti in contatto nelle nostre settimane di permanenza, dai membri del Bala Vikasa, che ci hanno subito accolto come parte della loro famiglia, alla gente dei villaggi che dopo ogni inaugurazione ci invitava a visitare la propria umile dimora insistendo sempre nell’offrirci qualche vivanda per ristorarci. Paradossale e assurdo appariva ai nostri occhi l’ospitalità di questa gente che sebbene non possedesse nulla aveva piacere nel condividere con noi quel poco guadagnato. Ho potuto constatare come nonostante tanta povertà, i più importanti valori di comunità siano saldi e fortemente ancorati nelle loro tradizioni, a differenza di quanto invece molto spesso accade da noi, dove ogni valore di civile convivenza viene progressivamente barattato con l’affermarsi di un egoismo individualistico.
* 23 anni di Ostuni, quinto anno laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza. Collegio Marianum, Milano