di Adele Corasaniti *
È già passato qualche mese e ho ancora nostalgia dell’Africa. Decidi di partire per un’esperienza di volontariato, trascorri undici ore di viaggio pensando se sarai all’altezza della responsabilità e della gratuità richieste e porti con te l’entusiasmo e la motivazione che saranno le tue grandi compagne di viaggio. Arrivata a Cape Town capisco di essermi catapultata in una dimensione all’avanguardia. Una città “work in progress” dove tutto è mondiali di calcio 2010. Tutto, tranne l’esperienza che mi accingo a vivere.
Alla fine di un percorso di studi in Giurisprudenza può capitare di sentire un po’ di aridità: mai un contatto con una persona, mai una consulenza o un tirocinio. A Cape Town ho capito che anche se sostieni più di un esame di diritto internazionale, può essere che non hai mai colto fino in fondo la nozione di rifugiato politico. Presso il “Centro Scalabriniano”, dove ho alloggiato, ne ho incontrati in carne e ossa: ogni mattina sono decine i rifugiati da schedare. A tutti viene chiesto di spiegare come hanno fatto ad arrivare fin lì e il perché: le storie che ascolti sono le più disparate. Tutti, o quasi, sono scappati dallo Zimbabwe e ora cercano un posto che dia loro cibo, vestiti e lavoro. Il Centro offre consulenza legale, dà la possibilità di parlare con un assistente sociale e organizza corsi di formazione.
Il volontariato si articola così in diverse attività: puoi decidere di aiutare in mensa gli altri volontari a distribuire cibo, oppure di aiutare nella distribuzione di vestiario gratuita, o ancora puoi sostituire un insegnante di lingua inglese, francese o italiana e impartire lezioni a studenti che qualunque insegnante vorrebbe perché sono motivati, ti ascoltano con interesse e ti ringraziano immensamente per il servizio che presti loro. Un’immagine mi resterà sempre impressa nella mente. La prima persona che ho conosciuto a Cape Town è stato un ragazzo disabile, anche lui rifugiato dello Zimbabwe. Mi ha chiesto perché avessi deciso di trascorrere l’estate al freddo, a distanze chilometriche dalla mia famiglia, per svolgere un’attività di volontariato, piuttosto che partire con i miei amici per chissà quale spiaggia. Ho saputo rispondere solo alla fine dei miei ventitré giorni: una stretta di mano, una grazie e un sorriso sincero non hanno nulla di paragonabile e non c’è estate che tenga se puoi scegliere di fare del bene.
* 23 anni, di Davoli Marina (Cz), neo-laureata in Giurisprudenza, sede di Milano, aiuto direttrice del collegio Marianum