di Paola Cavanna *
Scrivo queste poche righe dalla mia camera del St. George College a Perth. Sono qui grazie alla borsa di studio “Premier Scholars Program” (vedi il bando appena uscito in questi giorni - ndr): il regalo più bello che potessi immaginare. Ho sognato a lungo un’esperienza come questa. Mi era già capitato di spendere brevi periodi di tempo all’estero: come dimenticare il Late a San Diego in California, in una host-family davvero meravigliosa e con persone che sono entrate nel mio cuore per sempre. Tuttavia, da molto tempo, serbavo dentro di me il desiderio di vivere lontano da casa per un periodo più lungo, non perché io fossi contenta di stare con la mia famiglia e i miei amici. Semplicemente perché trovo che viaggiare e immergersi in un’altra cultura sia l’esperienza più formativa che un giovane possa e debba fare nel mondo globale di oggi.
I primi giorni non sono stati esattamente come me li aspettavo: 20 ore di viaggio, jet-lag, caldo torrido, un college piuttosto invadente, le difficoltà con l’accento australiano, spazi in comune e rigide regole di convivenza. Che dire della dining hall etiquette? Non è ammesso l’uso di cellulari in sala da pranzo. Se un cellulare vibra, si illumina o, peggio ancora, suona il proprietario dovrà cantare in mezzo alla sala “I’m a Little Teapot” corredata da gesti ridicoli. I posti a sedere non si scelgono, semplicemente ci si siede nel primo posto libero. Inoltre è vietato anche il “table slutting”, ovvero il comportamento di chi dopo essersi seduto a un tavolo si alza per cambiare tavolo. Per il resto normali regole di cortesia: mai versarsi l’acqua senza offrirla prima agli altri, quando ci si alza per servirsi in cucina sempre chiedere a tutti i commensali se hanno bisogno di qualcosa.
Tante cose non mi sono piaciute: come la sveglia alle 5 a.m. per una bella corsa mattutina, o la foto con dress code formale alle 6.40 a.m. perché il fotografo non conoscendo, evidentemente, le potenzialità di Photoshop aveva bisogno di una luce particolare. Però devo ammettere che vedere l’alba sullo Swan River dopo la corsa o la colazione con pancakes dopo la levataccia per la foto hanno abbondantemente ripagato gli sforzi. Che dire poi delle fantastiche erudite breakfast o formal dinner organizzate dal college? Per chi come noi non è abituato a questo gergo, si tratta di cene o colazioni formali in onore di un ospite importante che torna al College per condividere la sua esperienza. Sentir parlare di giustizia sociale e di economia davanti a un piatto di riso e pollo in una dining hall in stile Cambridge non è roba da tutti i giorni.
Abbiamo avuto l’occasione di ascoltare e interloquire con professori di ingegneria, diplomatici, economisti, giudici, politici e medici. Il college è una vera comunità che ruota attorno allo studente, un posto meraviglioso che mi ha fatto crescere. Usando le parole con cui Richard, il pastore del college, ci ha dato il benvenuto, noi abbiamo avuto la fortuna di ricevere un biglietto d’oro. Non è possibile imprimere sulla carta il significato profondo di un’esperienza del genere. Tante sono le lezioni che porterò con me al rientro in patria: il privilegio di circondarsi di persone con opinioni e background diversi, la natura imponente e l’anticonformismo australiano. Tutto quello che sembrava strano all’inizio, dopo un po’ è cominciato a essere semplicemente familiare, come il gusto della Vegemite, una schifezza di cui poi non ne puoi più fare a meno. Persino camminare a piedi nudi in città non mi sembra più così alternativo…
Norvegia, Montana, Zimbabwe, Francia, Austria, Mauritius, Cina, Giappone, Malesia sono solo alcune delle nazioni rappresentate al college. Le serate a guardare film in francese con sottotitoli in inglese, rappresentare l’Italia all’Exchange Fair e sentire tutto l’orgoglio di provenire da un paese così ambito e desiderato, di una bellezza che spesso noi diamo per scontato. E ancora, ritornare a piedi dal centro seguendo il corso del fiume con le luci della città alle spalle, chiacchierare di politica internazionale, confrontarsi con studenti motivati, preparati e competitivi, scambiarsi consigli e imparare nuovi punti di vista, pianificare viaggi letteralmente intorno al mondo per poter ritrovare gli amici conosciuti qui, ascoltare le esperienze di vita di persone così diverse da noi, eppure sentirle così vicine. Esperienze come questa ti insegnano che i rapporti umani sono davvero l’unica cosa che conta e il mondo non è poi così grande, tutto sommato.
Il campus è semplicemente meraviglioso, immerso in un parco dalla natura mozzafiato. Quante volte mi è capitato di fermarmi e contemplare uno dei maestosi alberi nei pressi della Reid Library. Le lezioni sono estremamente interessanti e coinvolgenti. Sto seguendo quattro corsi: Criminology, Crime & Society, Dealing with Victims e English for Academic Purposes. È richiesta una partecipazione attiva e ci sono test durante tutto il corso del semestre. Ho avuto la possibilità di visitare due prigioni all’interno del corso di Criminologia e ho girato un cortometraggio sulle vittime come parte di un esame. Un metodo estremamente innovativo per studenti come noi abituati a manuali e lezioni cattedratiche. Qui, invece, ognuno è incoraggiato a dire la sua in un ambiente per lo più informale, dove il professore conosce gli studenti per nome. Spesso sono stata avvicinata dai professori solo per sapere come mi trovavo e se avevo delle difficoltà in classe. Lo stesso ufficio Relazioni internazionali si è rivelato come una seconda casa per me, un posto a cui rivolgermi per qualsiasi preoccupazione, con la certezza di trovare sempre una persona pronta ad aiutarmi.
Perth è probabilmente un’isola felice, il tempo è perfetto e le persone particolarmente rilassate e friendly. La crisi non ha di certo toccato questa zona del mondo, dove davvero hai la sensazione che se lavori duro puoi ottenere quello che vuoi, non importa da dove vieni. A dir la verità, questa sensazione che mi ha accompagnato in tutto il mio viaggio, mi ha provocato spesso nervosismo e frustrazione. Frustrazione perché i giovani italiani oggi sentono che lo spazio è altrove e questa non è propriamente una scelta. Quanti pomeriggi spesi con Paolo e Filippo davanti alla mitica macchinetta del caffè Lavazza a progettare il nostro futuro: qui? A casa?
Probabilmente questa rappresenterà per noi solo una parentesi, ma davvero è un’esperienza che ci porteremo nel cuore, ovunque sarà il nostro futuro. Occorre intraprendenza e grande spirito di adattamento per lasciare le comodità di casa e ritrovarsi sbalzati Down Under in una cultura molto lontana dalla nostra. È stata un’esperienza a tratti dura, faticosa, ma gratificante, divertente e impagabile. Quante volte mi sono ritrovata l’unica, insieme ai miei due meravigliosi compagni di viaggio, a lamentarmi per una regola troppo rigida… ma bastava guardare lo stupore degli altri studenti per le nostre lamentele a far finire tutto in una bella risata con tanto di riflessione sulle differenze culturali. Noi crediamo che la nostra cultura sia il modo giusto di fare semplicemente perché ci hanno sempre raccontato che è giusto così, è come ci comportiamo, quello che si deve dire, quello che devi fare. Quando ti trovi in una cultura diversa devi realizzare che quello che hai sempre imparato non è di per sé giusto, it's just one way!
Perth è lontana. È isolata. E da qui davvero puoi capire gli infiniti spazi australiani. Per percorrere un pezzettino che sulla mappa sembra un niente (Perth-Exmouth) ci vogliono più di dieci ore, ma il paesaggio di cui puoi godere ti riempie l’anima. Terra rossa, scogliere a picco sull’oceano, bush di un verde brillante e cielo di un azzurro che noi non conosciamo. Puoi guidare per giorni senza incontrare nessuno. Sulla strada solo piccole stazioni di servizio di tanto in tanto che sembrano uscite direttamente da un film sull’outback australiano. Tuttavia Perth è davvero una metropoli a misura d’uomo. All’inizio ti chiedi “ma è tutto qui?!”, poi qualcosa succede e ti riscopri innamorata di questa città fantastica che offre mille opportunità. Chilometri di spiagge, sole all’incirca tutto l’anno, il fiume che sembra l’oceano, pappagalli variopinti e cigni neri, yoga all’aria aperta dopo le lezioni all’università, picnic a King’s Park, snorkeling tra i delfini e le tartarughe, il tramonto sull’Oceano Indiano, andare in barca a vela, il bbq la domenica sera, il cinema all’aperto. Questa è la mia Australia.
* 25 anni, di Piacenza, quinto anno del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza, sede di Piacenza