di Alberto Michelazzi*
Non credevo alle mie orecchie quando presentarono nella mia scuola il Double Degree dell’Università Cattolica di Piacenza: studiare “gratis” due anni negli Stati Uniti mi sembrava una cosa impossibile. Ho preso subito la decisione con quell’unico obiettivo in testa: doppio titolo per poter studiare in America. Ma gli ostacoli per realizzare il mio sogno si sono presentati subito: i miei genitori non volevano che partissi ma sono riuscito a strappare la loro firma all’ultimo minuto. Credo di essere stato l’ultimo a consegnare all’ufficio il foglio firmato. La mia testardaggine ha avuto la meglio, ma mi ha investito anche di una grande responsabilità: non potevo fallire e dovevo dimostrare di che pasta ero fatto. Partivo tra l’altro con l’handicap di un inglese non esaltante e quindi ho dovuto rimboccarmi subito le maniche. Al mio arrivo alla Northeastern University (Neu) di Boston mi sono messo a studiare come un matto. Risultato? Tutte A o A- e Bs nei corsi di inglese in due anni di corso.
Non potevo tornare a mani vuote dagli Stati Uniti. Vedere i miei genitori alla discussione della tesi di laurea a Boston e la soddisfazione dipinta sui loro volti ha ripagato le fatiche del biennio americano. Se sono arrivato a questi traguardi lo devo molto, oltre all’impegno che ci ho messo, alla preparazione che ho ricevuto a Piacenza: una metodologia di studio ottima e una proposta didattica esigente, accompagnate da servizi agli studenti molto attenti alle persone. Nei due anni alla Neu non ho imparato solo una lingua nuova e le tecniche della finanza, ma anche come si stira una camicia e come funziona una lavanderia a gettoni. E nello stesso tempo ho avuto la possibilità di svolgere una “internship” alla Merrill Linch. Nel novembre del 2006 avevo già in tasca un’offerta di lavoro con contratto a tempo indeterminato e visto pagato. Dopo la laurea, nel gennaio 2007, l’assunzione nella stessa banca, nel progetto Chief Financial Officer.
Adesso sono risk manager responsabile di due banche del gruppo. Sono stato trasferito alla Bac, un istituto di credito con 360mila dipendenti, dove ho avuto una rapida progressione di carriera: da semplice analista, sono passato a senior specialist e ora risk manager. Poi è esplosa la bolla e ho visto in diretta gli effetti devastanti della crisi finanziaria ed economica globale di questi ultimi mesi. Le immagini, immortalate dalle televisioni di tutto il mondo, di gente che lascia il posto di lavoro con la scatola di cartone sotto il braccio con dentro i propri effetti personali. E molti erano miei colleghi. La recessione ha mietuto molte vittime e in un Paese come questo, in cui le politiche di welfare sono ridotte e i sindacati sono deboli, sono problemi seri per chi si ritrova improvvisamente senza lavoro. Anche per me è arrivato il momento di rivedere i miei progetti. L’ambiente di lavoro si è fatto più soffocante. Comincio a pensare di cambiare. Mi piacerebbe lavorare per un’azienda italiana che produce Made in Italy, fashion, food & wine, per promuovere negli Stati Uniti il paese più bello al mondo. E prima o poi vorrei realizzare il sogno di un’azienda tutta mia: sono sempre stato affascinato dai “self made men”, persone che generano non solo profitto fine a se stesso, ma creano valore da condividere con gli altri.
* 25 anni, di Fidenza, laureato al Double Degree in Economia dell’Università Cattolica di Piacenza nel dicembre 2006 con il punteggio di 110 e lode.