di Andrea Esposito *
Sono rientrato in Italia da pochissimo e mi sembra quasi di non essere mai partito. Eppure è durata ben 9 mesi la più ricca esperienza della mia vita. L’8 agosto 2010 atterravo a Birmingham, Alabama Usa. Il giorno successivo, in viaggio sull’Highway 59 in direzione Tuscaloosa, mi sono fatto un’idea del paesaggio in cui mi stavo calando: foreste immense, un verde dilagante che fa grande effetto specialmente a chi è abituato a vivere in città. Il campus è vicino a Tuscaloosa, un tempo capitale dell’Alabama, ed è grandissimo, uno dei maggiori della fascia meridionale degli Stati Uniti. Come nota chiunque ha provato un’esperienza simile, è proprio questo uno degli aspetti più caratteristici e affascinanti delle università americane. Una concezione di università molto più coinvolgente.
Gran parte degli studenti vivono nei cosiddetti “dormitories” che sono sparsi per il campus insieme con gli edifici dove si tengono i corsi, i vari uffici accademici e le biblioteche. Ci sono aree dedicate a ogni facoltà e così è possibile trovare il music building, un enorme edificio con aule, strumenti musicali di ogni tipo e una sala concerto enorme, pari a quella di un grande teatro. Altra cosa sorprendente è il centro sportivo, gratuito per tutti gli studenti, che si compone di un enorme edifico con palestra, piscine, campi da basket, pelota, corsi di ginnastiche e altro ancora. All’aperto invece una distesa di campi sportivi, football, soccer, baseball, tutti adiacenti che coprivano l’estensione di circa 4 campi di calcio. Una sensazione di spazio e libertà.
Uno degli aspetti che ho più apprezzato del sistema universitario americano è la possibilità di iscriversi a corsi di materie completamente diverse da quella rispetto al proprio corso di laurea. È affascinante perché permette di coltivare anche la passione artistica mentre segui regolarmente il corso di studi. E così magari uno studente di Economia può iscriversi a un corso di canto e ritrovarsi a fine semestre a far parte del coro di un requiem di Mozart nel concerto di fine anno tenuto dagli studenti di musica: ho assistito a un grande evento, che non aveva nulla da invidiare ai concerti a cui possiamo assistere in uno dei grandi teatri milanesi, sia in termini di professionalità che di audience.
Inoltre, cosa che ho fatto in prima persona, è possibile iscriversi ad un corso di Lifeguarding e ottenere anche una certificazione ufficiale dalla Red Cross. Questo aspetto di opportunità culturali a 360 gradi è stato quello che ho apprezzato di più e che mi ha fatto vivere le esperienze più belle. Le opportunità sono molteplici, basta solo essere curiosi e andarle a trovare. Una delle mie passioni sono le percussioni e nel secondo semestre son venuto a conoscenza di un gruppo di percussionisti di tamburi giapponesi (Taikos) creato da alcuni professori di lingua giapponese appassionati di musica, aperto ad appassionati in materia. Mi hanno invitato a unirmi a loro e così mi son trovato a suonare in vari eventi. L’esperienza più emozionante con loro è stata far parte dell’orchestra per la colonna sonora dell’opera teatrale Moby-Dick tenuta dagli studenti della facoltà di Teatro e danza dell’ateneo. Lo spettacolo è andato in scena per una settimana nel teatro dell’università ed è stato un gran successo; nel cast infatti era stato ingaggiato anche un attore di Broadway per il ruolo di capitan Ahab. Durante gli ultimi 2 mesi mi son trovato a far parte di un corso di african drumming, suonando alla fine per un grande evento pubblico e eseguendo un famoso pezzo folcloristico del Ghana, la “Gahu dance” nel concerto di fine anno di percussioni.
Dal punto di vista accademico poi, il metodo di studio è molto diverso. Gli esami sono più frazionati e sono sostenuti dunque nell’arco del corso e immediatamente al suo termine. Non esistono dunque sessioni di esame. L’approccio è molto più improntato alla pratica, mediante project work, casi aziendali ma soprattutto mettendo gli studenti in contatto col mondo aziendale e del lavoro. Infatti a parte le tante opportunità di stage fin dai primi anni ci sono anche programmi interni ad alcuni corsi che favoriscono i contatti tra studenti e manager aziendali. Per esempio, gli studenti del corso di Sales management, che ho seguito, potevano prendere parte al “Sales Program”, che organizzava i partecipanti come una vera e propria azienda, con tanto di Ceo, Cfo e sales ambassadors vari. Lo scopo finale di questa organizzazione era quello di contattare le aziende, organizzare eventi, pranzi ecc. con lo scopo di promuovere e “vendere” gli studenti alle stesse aziende per stage o impiego nonché per invitarle a partecipare nella advisory board. Le aziende nell’advisory sponsorizzano il programma in cambio di suggerimenti per guidare la formazione degli studenti, congiuntamente ai professori, in modo da fornire loro le skills necessarie a ricoprire le posizioni che le stesse aziende offriranno a conclusione del corso di studi.
Partecipando a questi programmi, svolgendo queste attività e proggetti gli studenti sviluppano forti skills relazionali e amministrative che, una volta laureati, permettono di entrare nel mondo del lavoro più pronti, consapevoli e sicuri. Ci sono poi tantissimi programmi e gruppi a cui potersi iscriversi all’interno dell’università, per svolgere le attività più disparate, da quelle sociali e di volontariato a quelle sportive e culturali. Tra questi un programma molto bello a cui ho partecipato è quello delle “Tif families”. Un percorso riservato agli studenti internazionali che vengono assegnati a una famiglia americana, che durante l’anno si prende in qualche modo cura di un ragazzo. La “mia” famiglia era deliziosa, generosa e ospitale. Grazie a loro ho potuto apprezzare gli aspetti più tradizionali della cultura americana, vivere il giorno del ringraziamento e soprattutto l’esperienza fantastica del carnevale di New Orleans.
Un aspetto che caratterizza l’Alabama e tutta la fascia meridionale degli Usa è una forte religiosità: non per niente questa zona si chiama “Bible belt”. È sorprendente l’enorme numero di chiese che si vedono ovunque; c’è n’è almeno una anche nelle più piccole comunità sperdute tra le distese boscose o di campagna composte da poche decine di persone. Sorprendente anche la quantità di comunità protestanti, dai presbiteriani ai battisti, ai mormoni e tante altre.
Ho apprezzato tantissimo, per concludere, la diffusa cultura musicale specialmente a livello praticato. Sono numerosissime le band formate da giovani e meno giovani che suonano dal vivo praticamente in ogni bar e discopub della città rendendo l’atmosfera delle notti e dei week end ai locali molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Italia a suon di musica Rock e Country.
Il racconto della mia esperienza non può concludersi senza citare infine la incredibile passione sportiva per il Football americano che distingue gli abitanti dell’Alabama. Il campus era praticamente invaso da decine di migliaia di tifosi che il sabato della partita si riunivano nel grande campo verde di fronte lo stadio. Già dal giorno prima le famiglie e i gruppi di amici si assicuravano il loro posto sul campo piantando le grandi tende che il giorno dopo avrebbero riempito con banchetti, barbecue e megaschermi per connettersi e vedere la partita tutti insieme di fronte allo stadio e fare festa tutto il giorno mangiando, bevendo e celebrando, creando un atmosfera unica. Nello stadio poi l’atmosfera era ancora più eccitante: quasi sempre tutto esaurito, intere famiglie tra gli spalti, spettacoli musicali e acrobatici durante il mach e il tutto in un clima di totale sportività e civiltà. Insomma i sabati della football season erano incredibili, un enorme celebrazione dal mattino fino alla sera tardi dove i bar e locali della città erano invasi da migliaia di persone in festa. Una passione sportiva che, devo dire, supera anche quella italiana per il calcio.
* 25 anni, di Napoli, ultimo anno del corso di laurea magistrale in Management per l’impresa, facoltà di Economia