di Arianna Agresti *
Uscire dai confini italiani, studiare o scrivere la tesi all’estero e imparare una lingua sono tappe fondamentali del percorso formativo. Qualche volta possono rallentare il ritmo degli studi, ma ne vale sempre la pena. E la mia storia tra California, Cina e Inghilterra, ne è una prova. Dopo aver trascorso un paio di mesi lavorando e vivendo a Londra nel 2007, volevo un’esperienza di studia all’estero e ho scelto il programma “Interstudy Usa” della Cattolica. L’ho scelto sia perché la mia famiglia ha avuto la possibilità di sostenermi economicamente, sia perché andare negli Stati Uniti era uno dei miei più grandi desideri. Ho vinto il bando insieme ad altri 25 studenti e sono partita a gennaio 2008.
Non ci sono parole per descrivere cosa abbiano rappresentato i due semestri passati tra la San Josè State University e l’incredibile città di San Francisco. Ho vissuto in un dormitorio internazionale, l’International House, in cui condividevo la stanza con una ragazza di Pechino e la vita quotidiana con 72 studenti provenienti da tutto il mondo. Ogni piccolo dettaglio è stato un momento di scambio culturale, dalla colazione ai gesti, dagli accenti più svariati ai comportamenti. Ho stretto dei legami di amicizia intensi, profondi e duraturi e faccio il possibile per tenermi in contatto con le persone più care e partecipare a una delle tante “I-house reunions” organizzate periodicamente: l’ultima a capodanno scorso, a Berlino. Ogni momento è stato vissuto intensamente, ogni posto che ho visitato in America rimane nel mio cuore: Seattle, New York, Las Vegas, Los Angeles, San Diego. Ogni persona mi ha regalato attimi impagabili. Una delle mie ex professoresse, dopo tre anni, è stata felice di scrivermi una lettera di referenze che mi ha commosso. Negli ultimi due anni amici americani, giapponesi, francesi e tedeschi sono venuti a trovarmi in Italia e ho già l’invito per partecipare, tra un anno, a un matrimonio in Thailandia.
Essere full time student in Usa è stato impegnativo perché i miei corsi erano nella maggior parte a livello postgraduate e richiedevano un impegno quotidiano fatto di papers settimanali, letture, approfondimenti, midterms e finals con un ritmo incalzante. Ma sono riuscita a portare a casa dei buoni risultati, confrontandomi con un metodo educativo completamente diverso da quello cui siamo abituati in Italia. Senza entrare nel merito di quale sia il migliore, “la maniera anglosassone” è molto più pragmatica, basata sul critical thinking e sulle discussioni in classe: la partecipazione attiva conta nell’attribuzione del final grade. Ho imparato tanto. La mia mente si è veramente aperta e incuriosita verso la diversità e verso le opportunità che spesso si aprono a chi le voglia cogliere.
Non mi sono ancora stancata e credo non mi stancherò mai di approfittare di quelle occasioni che mi permettono di viaggiare, conoscere e scoprire. Ecco perché spero di creare attraverso il mio percorso personale e di studi delle alternative lavorative il più possibili votate all’internazionalità. Ora mi sto concentrando sulla Cina. Una delle lingue che ho studiato durante la laurea triennale in Relazioni internazionali è il cinese. Nonostante le effettive difficoltà a impararlo, una delle cose che mi ha aiutato di più è stato poter visitare la Cina: nel 2007 tramite un mese di studio intensivo organizzato alla Xi’An University dalla professoressa Giuseppina Merchionne e, più recentemente, grazie a un’esperienza di stage.
Ho partecipato al Bando Mae-Crui del Servizio relazioni internazionali e sono stata selezionata per effettuare un tirocinio da settembre a dicembre 2010 all’ufficio stampa dell’Ambasciata italiana. È stata una bellissima occasione, condivisa con altre tre studentesse di atenei italiani, che mi ha avvicinata ancora di più al mondo cinese, così complesso e meraviglioso. In qui mesi ho avuto anche la fortuna di essere presente durante la visita di Stato del presidente Napolitano e ho partecipato alle attività del team di giornalisti quirinalisti inviati dall’Italia. Pechino mi ha accolto calorosamente e non solo l’inquinamento, come tanti direbbero, la caratterizza. Beijing durante le giornate terse ha uno splendido cielo blu, un quartiere di arte contemporanea che fa invidia alle città avanguardiste europee, una storia ricchissima impastata con un dinamismo economico e sociale senza precedenti e una popolazione di grande dignità. La consiglio a chiunque sia pronto a sfatare pregiudizi e a rimanere a bocca aperta.
A settembre 2011 una borsa di studio annuale della Fondazione Rotary di cui ho scoperto l’esistenza in America, la “One Year Ambassadorial Scholarship 2011-2012”, mi permetterà di svolgere un master in “Business and Management for China” presso la Business School dell’Università di Manchester.
Una precisazione, per concludere: non sono una di quelle esterofile che non vedono l’ora di lasciare il proprio paese. Anche se ultimamente c’è poco di cui io sia orgogliosa guardando alla situazione italiana, tutte le volte che sono partita mi sono fatta apprezzare e conoscere nella mia piena “italianità”, con i valori della tradizione a cui appartengo e a cui sempre apparterrò. La mia riflessione qui è sull’università italiana, perennemente bistrattata perché considerata il più delle volte poco foriera di opportunità, poco adeguata agli standard europei e, di fatto, un po’ “provinciale”. Ma per chi le sa cogliere esistono tante opportunità per “vedere oltre l’Italia” e imparare ad aprire gli occhi.
* 24 anni, di Lodi, laureata nel 2009 in Scienze linguistiche, curriculum Relazioni internazionali