di Filda Keci *
Perché proprio la “fredda” Svezia? Alla domanda stupita che tanti si sono fatti di fronte alla mia destinazione Erasmus, ho risposto con l’ammirazione e la curiosità verso i paesi nordici, con la voglia di imbattermi nel freddo “polare”, di esplorare una cultura nuova, ma anche con il desiderio di perfezionare i miei studi in sistemi universitari apprezzati e di sperimentare in presa diretta l’efficienza che contraddistingue nell’immaginario collettivo questo Paese.
Innanzitutto il freddo è svanito fin dall’inizio con l’accoglienza calorosa che ci è stata riservata: giornate di orientamento, visite turistiche in giro per la città e nella capitale Stoccolma, tour all’Ikea e nei vari pub della città e numerose feste riservate a noi exchange-students. Lo staff dell’International Committee sin dal primo giorno ha contribuito a rendere il periodo di permanenza non solo piacevole, ma anche davvero accogliente.
Uno degli aspetti più entusiasmanti è stato quello di vivere nella stessa accomodation insieme a quasi una cinquantina di altri studenti. Un piccolo monolocale a testa, anche se tutti collocati all’interno della stessa struttura. Non c’era spazio per la solitudine: cene, spuntini, lunghe chiacchierate, giochi, scherzi. Si è creato sin da subito un vero e proprio clima familiare. Sono stati proprio tutti questi studenti provenienti da ogni parte del mondo, così diversi gli uni dagli altri per cultura, lingua, stile di vita, a rendere questa esperienza unica, perché ognuno di loro era pronto a insegnare e a imparare qualcosa di nuovo, a creare un clima amichevole e di festa al fine di rendere quei cinque mesi davvero indimenticabili.
Västerås è una città di circa 130mila abitanti, che, grazie alle sue dimensioni, permette di raggiungere in pochi minuti a piedi o in bici l’università, il centro e gli altri alloggi per studenti. Una piccola città, localizzata nella parte sud orientale della Svezia, ma grande nel suo fascino e nella sua atmosfera. Il fiume Svartan che attraversa la città, il lago Malaren splendido paesaggio nel periodo estivo, la movimentata piazza centrale Stora torget, lo Scrapan, il grattacielo a 25 piani, sono solo alcune delle bellezze che contribuivano a conferire alla città un tocco di magia.
Affascinante anche la sede dell’università, dai colori bianco e arancione, luogo di incontro di studenti provenienti da tutto il pianeta, perfettamente integrati non solo nel sistema universitario ma anche nella società svedese. Ogni studente, Erasmus o non, disponeva del proprio badge universitario con cui fare ingresso in ateneo a qualunque ora del giorno. L’università infatti era aperta 24 ore su 24 e tutti gli studenti potevano usufruire di aule studio e di altri servizi offerti, anche al di fuori degli orari di apertura.
I corsi a cui ho partecipato erano tutti impartiti in lingua inglese. Molti prevedevano la partecipazione costante a seminari, ricerche individuali, papers da consegnare a scadenze prefissate, discussioni in aula, e presentazioni di lavori di gruppo. Tutto era focalizzato sulla partecipazione degli studenti, sullo sviluppo delle proprie abilità nei lavori di gruppo e sulla capacità di esposizione dei propri lavori. Ma l’inglese non era limitato ai soli corsi universitari. Infatti l’intera popolazione, senza distinzione alcuna tra fascia di età o strato sociale, è in grado di comunicare con questa lingua ormai mondiale e gli svedesi sono consapevoli di questo loro grande punto di forza che li contraddistingue da altri paesi europei e non.
Un altro aspetto curioso era il rapporto informale che si instaurava sin dal primo giorno tra studenti e docenti, con cui ci si chiamava tutti per nome, sia durante le lezioni che nelle corrispondenze via e mail. Senza fare sconti alla notoria “freddezza” nordica, che connota la maggior parte degli svedesi. È una specie di cerchio immaginario, un confine che delimita il contatto tra due o più persone, una “distanza di sicurezza” che è opportuno rispettare per non avere poi spiacevoli reazioni. Se vi capiterà di visitare la Svezia, non aspettatevi quindi un saluto caloroso né qualunque forma di contatto al momento stesso del saluto. Abbracci, strette di mano tra conoscenti e non, sono inusuali nel territorio svedese. Anche se puoi, fuori dai confini nazionali, manifestano un forte attaccamento ai propri compatrioti: “They stick together”, sono attaccati gli uni agli altri sentendosi più forti e sicuri accanto ad altri “vichinghi”. Eppure, nonostante questa freddezza “nazionale”, ho avuto modo di sperimentare la cordialità e la totale disponibilità di queste persone nei confronti di chi abbia bisogno di qualunque forma di aiuto, specialmente nei confronti di noi studenti Erasmus.
Tranquillità e ordine caratterizzano ogni singola città, dalle più piccole e principalmente centri universitari, quali Västerås, Uppsala, alla stessa capitale Stockholm, che nonostante i due milioni di abitanti della sua area metropolitana, manifesta un'atmosfera sempre silenziosa e magica nel suo paesaggio circondato dalle acque. Capita di rado sentire clacson o persone che urlano. Gli svedesi sono persone molto silenziose. Inoltre, una volta arrivati in Svezia, non stupitevi di dover cenare alle 19-19.30, magari con delle squisite polpette svedesi (Köttbullar), e ad essere invitati a un Fika time pomeridiano, durante il quale accompagnerete a una gradevole chiacchierata tra amici, una bevanda calda con dei Kanelbullar, tipici e deliziosi dolci svedesi alla cannella.
Uno dei paesaggi più suggestivi che ho visitato è stato quello della Lapponia. Un lungo viaggio in zone completamente innevate e laghi ghiacciati su cui camminare e rotolarsi tra la neve, con temperature che durante quei giorni avevano toccato i meno 20 gradi. Una natura incontaminata, le poche ore di luce che si riflettevano su uno sfondo bianco creavano un atmosfera così affascinante che le parole difficilmente riuscirebbero a descriverne la bellezza che essa merita. Un giro con la slitta trainata da renne e cani husky, safari con motoslitte, visita al museo Artikum, un vero e proprio tuffo post-sauna nel lago ghiacciato, escursioni tra le montagne innevate, e una visita al villaggio di Santa Claus, sono solo alcune delle attività intraprese che hanno reso questa vacanza nella natura artica unica e indimenticabile.
I viaggi, la vita universitaria, le feste e la stessa vita quotidiana non avrebbero avuto la stessa bellezza e quel magnifico ricordo che ho impresso nella mente se accanto a me non vi fossero stati tutti i miei compagni d’avventura. Alcuni di loro durante i cinque mesi hanno partecipato ad un corso di teatro, conclusosi con una divertente esibizione che rappresentava alcuni tratti tipici di studenti provenienti da diverse culture. Per la prima volta ero spettatrice e non protagonista, e proprio lì ebbi la conferma che il grande insegnamento di queste esperienze all’estero è la capacità di relazionarsi, accogliere e aprire la propria mente a tutto ciò che le culture diverse dalla nostra possono offrirci e insegnarci.
E, vi assicuro, anche la Svezia è in grado di offrire tutto ciò. Hej da Sweden! Tack så mycket! (Arrivederci Svezia, grazie tanto)
* 23 anni, di Durazzo (Albania) ha sempre vissuto nelle Marche. Laureata nella triennale in Economia e gestione aziendale, frequenta l’ultimo anno della laurea specialistica in Management per l’impresa