«La fortuna più grande che ho avuto è stata quella di incontrare qualcuno che avesse voglia di ascoltarmi». Fa riflettere, e ridona un po’ di speranza – a pensare ai molti giovani che in questo periodo sono in cerca di occasioni, ma soprattutto di buoni maestri – la storia di Celeste Gaia Torti, in arte Celeste Gaia, studentessa dell’Università Cattolica che è divenuta “star” dei social network dopo il suo esordio come cantante al festival di Sanremo, naturalmente nella sezione giovani. Celeste infatti ha 21 anni ed è iscritta al terzo anno del corso di laurea in Linguaggi dei media alla facoltà di Lettere e filosofia.
Celeste, iniziamo dalla canzone con cui hai esordito a Sanremo, Carlo, che è una chicca di leggerezza e ironia. Hai qualche riferimento letterario per il linguaggio che usi nelle tue canzoni?
In realtà non ho fonti d’ispirazione precise: divoro libri e musica senza preoccuparmi del genere e delle etichette. Ascolto e leggo tutto quello che mi piace, da Nick Hornby ad Amos Oz, passando per il classici della letteratura italiana.
Restando sui libri: qual è l’ultimo che hai letto?
Sul comodino ho ancora Gli amori difficili di Italo Calvino. I racconti sono l’ideale quando non si ha molto tempo da dedicare alla lettura ed è quello che mi è successo in questo periodo, tra Sanremo e tutto quello che è venuto dopo.
E cosa è venuto dopo?
È uscito il mio primo disco, che si intitola “Millimetro”.
Dopo questa importante svolta nella tua carriera musicale, come farai con gli studi? Riuscirai a conciliare le due cose?
La vita ora è molto diversa da com’era prima di Sanremo. Se prima potevo concentrarmi solo su una cosa, oggi ho mille impegni e pensieri al giorno. Ma basta stare calmi, non farsi prendere dall’ansia e in questo io sono abbastanza brava. Almeno per quanto riguarda questi argomenti...
Ma riesci anche a frequentare le lezioni?
Certo, la vita universitaria mi piace moltissimo. In generale sono una che ama molto ascoltare, per imparare cose nuove ma anche per raccogliere stimoli e spunti che approfondisco poi autonomamente. Se sono a lezione e qualcuno dietro di me parla impedendomi di sentire, non dico nulla solo per non fare la “rompiscatole” di turno, ma mi dà molto fastidio.
Per quanto riguarda i tuoi studi, c’è un argomento che ti appassiona in particolare?
All’interno del corso di Linguaggi dei Media ho scelto il curriculum Informazione: mi attrae soprattutto l’idea di osservare quello che mi accade intorno e poi di raccontare storie vere o verosimili. Un po’ quello che faccio con le mie canzoni, insomma…
La tua tesi, quindi, sarà sulla comunicazione…
Non esattamente, o meglio: assolutamente sì. La mia idea di tesi è basata su quella che secondo me è la parte a volte fondamentale della comunicazione e insieme ne comporta l’assenza: il silenzio. Le cose che non si dicono, a volte, sono quelle più importanti.
Quindi, ricapitolando: cosa diventerai? Una giornalista, una scrittrice o una cantautrice?
Sono già stata molto fortunata a trovare sulla mia strada persone che hanno creduto in me e hanno lasciato che lavorassi a un progetto personale senza snaturare la mia ispirazione. Fondamentale è stato l’incontro con Marco Stanzani, il mio manager, e con Roberto Vernetti, che ha prodotto Millimetro. In fondo, io mi sento già un’autrice: il mio primo disco è appena uscito e le canzoni sono tutte scritte da me, non è una cosa che capita tutti i giorni. Ma gli studi universitari sono comunque un nutrimento irrinunciabile.
Allora per adesso decidi di non scegliere?
Per ora no, anche se ho delle passioni ben determinate e una strada l’ho intrapresa. Ma sono convinta che, perché accadano le cose belle, l’importante è non programmarle troppo.