Individuato dai microbiologi dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con scienziati francesi e olandesi, un gene chiave alla base della pericolosità di un batterio, l’Enterococcus faecium, che fa molta paura oggi negli ospedali in quanto è fortemente resistente alle terapie antibiotiche attualmente a disposizione. Il gene codifica per una sorta di “interruttore molecolare”, chiamato AsrR, che tiene spente le “armi” del batterio. Se AsrR è messo ko, una serie di altri geni si accende rendendo il batterio “cattivo”, resistente agli antibiotici ampicillina e vancomicina e quindi difficile da fermare. La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista PLoS Pathogens, si deve al professor Maurizio Sanguinetti, direttore dell’Istituto di Microbiologia dell’Università Cattolica di Roma, e a Brunella Posteraro, docente dell’Istituto di Igiene della stessa Università, insieme a ricercatori degli Ospedali Universitari di Caen (Francia) e di Utrecht (Olanda).
L’Enterococcus faecium è un microrganismo molto temuto in ospedale e non solo, come spiega il professor Sanguinetti: «È la seconda causa principale di infezioni da catetere e di infezioni urinarie, può avere conseguenze gravissime come la sepsi e l’endocardite, con esito anche fatale. Per di più dagli anni ’80, quando non circolavano ceppi di Enterococcus faecium antibiotico-resistenti, fino a oggi ha sviluppato una forte resistenza alla terapia disponibile contro di esso, che consiste nella somministrazione dell’antibiotico vancomicina. Oggi, almeno negli Usa, oltre l’80% dei ceppi di Enterococcus faecium è purtroppo vancomicina-resistente».
I ricercatori hanno identificato in questo microrganismo il gene che codifica per il regolatore AsrR (antibiotic and stress response regulator – regolatore della risposta allo stress e agli antibiotici) e compreso il suo meccanismo d’azione. La proteina AsrR è un interruttore che tiene spenta una serie di altri geni che rendono cattivo il batterio. In condizioni di stress cellulare, ovvero quando l’enterococco si sente in pericolo, il gene AsrR si disattiva e tutti i geni che sono sotto il suo diretto controllo diventano a quel punto liberi di funzionare, rendendo il batterio virulento e resistente alle cure. Infatti quando i ricercatori italiani hanno messo ko il gene AsrR in colonie di questo batterio e le hanno poi iniettate in topolini, questi sono andati incontro a una grave infezione sistemica. Se invece AsrR non è distrutto e quindi rimane acceso, il batterio è più “clemente” e non mette in atto completamente la sua virulenza.
«La scoperta del ruolo di AsrR – spiega la professoressa Posteraro – è importante perché oggi l’Enterococcus faecium non solo è tra i batteri più temuti in ambiente ospedaliero, ma rappresenta anche una frequente causa di infezione del tratto urinario per le persone non ricoverate in ospedale». «L’idea è ora di individuare – concludono i ricercatori della Cattolica - delle sostanze che siano in grado di potenziare l’attività di AsrR, in modo da ottenere un farmaco che aiuti a controllare la virulenza dell’enterococco e che lo renda più sensibile alle comuni terapie antibiotiche».