Dal 24 febbraio a oggi si stima che il Servizio Sanitario Nazionale abbia speso oltre 300 milioni di euro per effettuare poco meno di 9 milioni di tamponi, riferiti a 5,2 milioni di persone, per un costo medio a persona di 59 euro, con una variazione regionale che vede il maggior costo pro-capite in Veneto (89 euro) e il minore in Basilicata e Calabria (35 euro).
È quanto emerso dalla 18ma puntata dell’Instant Report Altems Covid-19. Il rapporto si è arricchito nel corso della pausa estiva di due indicatori fondamentali in questa fase in cui i contagi sembrano meno sotto controllo: casi da sospetto clinico/casi totali e casi da screening/casi totali, in base ai nuovi dati forniti quotidianamente dalla Protezione Civile a partire dal 25 giugno.
«In questa fase – commenta il professor Americo Cicchetti, docente del Dipartimento di Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale - le Regioni stanno ponendo attenzione massima al problema dell’effettuazione dei tamponi con strategie molto diverse e con l’uso di tecnologie anche sperimentali (come i tamponi rapidi eseguiti nella Regione Lazio e in Regione Veneto). Queste strategie hanno un costo che varia in maniera sensibile tra Regione e Regione. Infatti in Veneto – aggiunge - dove il numero di tamponi per caso è il più alto, si osserva anche il costo medio più alto (89 euro a caso) verso una media nazionale di 59 euro a caso e situazioni come Calabria e Basilicata dove il costo medio per caso è di 35 euro, esattamente il costo di un solo tampone per caso».
Quadro epidemiologico
I dati (al 1° settembre) mostrano che la percentuale di casi attualmente positivi (26.754) sulla popolazione nazionale è pari allo 0,04% (raddoppiato rispetto ai dati del 23 luglio). La percentuale di casi (270.189) sulla popolazione italiana è in sensibile aumento, passando dallo 0,41% allo 0,45%. Le Regioni con maggiore incidenza settimanale sono la Sardegna (23 casi ogni 100.000 abitanti rispettivamente), la Campania e l’Emilia-Romagna (21 casi ogni 100.000 abitanti rispettivamente) e la Lombardia (4 casi ogni 100.000 abitanti rispettivamente), il Lazio, la Lombardia e la Liguria (18 casi ogni 100.000 abitanti rispettivamente); tuttavia, solo il Lazio effettua un numero di tamponi per 1.000 abitanti più alto rispetto alle altre regioni.
Tamponi diagnostici
Per quanto riguarda la ricerca del virus attraverso i tamponi, si osserva che nella maggior parte delle Regioni solo una minoranza dei casi accertati di Covid-19 risulta diagnosticata a partire dai test di screening, «solo il 15% mediamente in Italia – sottolinea il professor Cicchetti – contro l’85% dei tamponi effettuati per sospetto clinico. La Puglia registra il valore più basso nella percentuale di casi totali diagnosticati a partire dal sospetto clinico (36,77%), le Marche il più alto (100%), nel Lazio il 60% dei tamponi è effettuato per sospetto clinico».
Il trend nazionale sul tasso dei tamponi effettuati (per 1000 abitanti) è in ascesa dal mese di luglio, e pari a 9,94 tamponi per 1000 abitanti (nella settimana del 23/7 il tasso era di 4,98).
Soluzioni digitali
Dopo il primo periodo di emergenza, è continuata la crescita delle iniziative di telemedicina dedicate all’assistenza dei pazienti non covid. Dall’inizio di giugno il panorama è stabile. A livello regionale sono in corso iniziative per la formalizzazione delle modalità di erogazione delle prestazioni in telemedicina, ad integrazione di quanto definito nelle «Linee Guida Nazionali» definite dal Ministero nel 2014 e recepite dalla Conferenza Stato-Regioni il 25-02-2014. «In generale - sottolinea il professor Fabrizio Massimo Ferrara, coordinatore del Laboratorio dei Sistemi Informativi di Altems - si può osservare che ormai la maggior parte delle regioni ha formalizzato l’uso della telemedicina per tutte le visite di controllo e follow up che non richiedono un esame obiettivo e/o esami strumentali sul paziente, definendone le relative tariffe, in massima parte uguali a quelle previste per le visite in presenza».