I giovani italiani sono cambiati radicalmente dal dopoguerra a oggi o rimangono sempre uguali di generazione in generazione? La risposta sta probabilmente nel mezzo. Parola di Massimo Scaglioni, coordinatore della attività del Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Certa), che ha seguito da vicino un progetto che ha analizzato le figure giovanili nel cinema italiano negli ultimi 70 anni.
Dopo diversi mesi di lavoro, il punto di arrivo è proprio questo: ci sono dei caratteri che si possono riconoscere e distinguere nei giovani italiani di tutto il Novecento e oltre, mentre altri sono strettamente legati all’epoca storica di riferimento. «Temi come gli amici e la famiglia - seppur declinati in modo differente - accompagnano i giovani sin dai prodotti cinematografici più datati, mentre in altri casi i ragazzi di oggi hanno faticato a immedesimarsi con i loro coetanei di alcuni decenni fa» fa notare il professor Scaglioni.
Una constatazione possibile proprio grazie al fatto che i protagonisti del progetto sono stati alcuni studenti universitari, che hanno analizzato diversi film italiani di differenti periodi storici, cercando di capire come le figure giovanili sono state rappresentate nel corso degli anni e in quali dei protagonisti potessero immedesimarsi.
«La figura che gli studenti sono riusciti a comprendere meglio, condividendone gli ideali - continua il professor Scaglioni - è stato il Peppino Impastato de “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Si è riscontrato invece molto distacco verso i giovani ideologizzati degli anni ’60-’70 e verso quelli precocemente cresciuti del dopoguerra».
Tra peculiarità e continuità, i risultati della ricerca e del progetto sfociano nella mostra “Belle speranze” visitabile gratuitamente fino a giovedì 6 dicembre nel Cortile d’Onore Leone XIII (da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 19.30 e sabato dalle 8.30 alle 13.30). Un’esposizione che, dopo Milano, avrà un seguito allargato in un’edizione a Roma nel prossimo anno.
Il progetto, cominciato in primavera in stretta collaborazione con la Fondazione Ente dello Spettacolo presieduto da monsignor Davide Milani, è caratterizzato da una certa trasversalità perché i ragazzi coinvolti provengono da diversi corsi - non solo di comunicazione o cinema - e diversi livelli di studi: da coloro che l’anno scorso hanno cominciato un corso di laurea triennale a quelli che già fanno parte di un dottorato. Il punto su cui però tutti sono concordi è l’innovazione che un progetto simile porta con sé: affidare non a degli accademici ma a dei giovani stessi il compito di analizzare le figure giovanili nel cinema italiano. Un modo per permettere agli studenti di trovare risposte tramite l’analisi della propria immagine riflessa in film di molti anni fa.