Ci sono le interviste da 0 a 0. Quelle in cui i giocatori dicono cose scontate. E sono la maggior parte. Poi ci sono quelle con tanti gol. A Hernan Crespo gli 0 a 0 non sono mai piaciuti: in carriera ha segnato oltre 300 reti, molte in Italia. Forse anche per questo, nell’incontro con gli studenti dell’Università Cattolica, organizzato dall’Almed in collaborazione con Fox Sports, non ha dato risposte banali. Ha raccontato la sua infanzia nell’Argentina dei primi anni ’80 e ha parlato dell’Italia di oggi, il Paese dove ha deciso di vivere anche dopo aver attaccato le scarpe al chiodo.
Il calcio moderno gli piace e continua a viverlo come commentatore tv dei campionati europei per Fox Sports. I calciatori, invece, gli piacciono meno: «L’ultimo anno che sono andato in ritiro con il Parma (2011 ndr) mi si è avvicinato un giocatore del settore giovanile. Speravo mi chiedesse qualche consiglio calcistico, mi ha chiesto dove avevo comprato l’orologio che portavo al polso. Ci sono rimasto male - commenta amaro Crespo -. Quelli della mia generazione volevano fare i calciatori. Ora invece pensano solo alle belle macchine, alle donne e agli orologi». E se si parla di calciatori di oggi una domanda non può che essere su Balotelli. Crespo non usa diplomazia per dire la sua su SuperMario: «Nel calcio ci vogliono tre cose: talento, cuore e testa. I campioni hanno tutte tre le componenti perché il talento da solo non basta».
Oltre al confronto tra “ere” calcistiche diverse, Crespo confronta anche le diverse culture sportive. E anche se è molto legato all’Italia ammette il gap tra il calcio nostrano e quello europeo, inglese e spagnolo su tutti: «C’è una differenza economica ma il problema non è solo quello. In Italia c’è una confusione di ruoli assurda: i dirigenti fanno i tifosi, i calciatori parlano di mercato e tifosi si vogliono sostituire ai dirigenti. Ognuno dovrebbe stare al suo posto. Ed è proprio per questo motivo che il calcio all’estero è più attraente».
Crespo parla con cognizione di causa perché il nostro calcio lo conosce bene. Ha iniziato ad amarlo fin da piccolo guardando prima i mondiali dell’82 e poi le gesta di Maradona con la maglia del Napoli. Dall’allora non ha mai smesso di amarlo. Proprio per questo grande amore, nel momento più difficile per l’Italia calcistica, Calciopoli, ha deciso di tornare in Italia: «Quando è scoppiato lo scandalo ho provato una sensazione orrenda. È stata una truffa sia per la gente sia per noi che giocavamo. Per questo ho deciso di tornare all’Inter. Volevo dare il mio piccolo contributo per cambiare le cose».
Era il 2006 e Crespo aveva appena vinto il campionato inglese con il Chelsea di Mourinho. Tornò all’Inter dove aveva già giocato qualche prima, e vinse tre scudetti consecutivi, l’ultimo dei quali ancora con Mou. Conosce quindi molto bene l’allenatore portoghese e soprattutto la sua sete di vittorie: «Jose pur di vincere venderebbe sua nonna. Riesce a motivare chiunque: se sei un giocatore normale diventi buono. Se sei buon diventi ottimo e se sei ottimo diventi un campione».
L’altro grande allenatore legato alla carriera di Crespo è Carlo Ancelotti: hanno vissuto momenti indimenticabili prima a Parma e poi con il Milan. Un allenatore vincente anche se con un carattere opposto rispetto a Mourinho: «È molto più umano. Se giocavamo di sabato la domenica si mangiava tutti insieme con mogli e figli. Solo Carlo poteva creare una situazione simile».
E proprio con Ancelotti ha vissuto la delusione più grande della sua carriera, la finale di Champions League del 2005 contro il Liverpool: dopo il primo tempo il Milan vinceva 3-0 grazie a una sua doppietta; in 6 minuti gli inglesi segnarono 3 gol e poi vinsero ai rigori. «Quella sera tutto quello che facevo mi veniva bene. Alla fine del primo tempo pensavo a tutti i sacrifici che avevo fatto per arrivare fin là. E quando mi sono reso conto che tutto quello che avevo fatto non era bastato è stato terribile. La delusione non l’ho ancora smaltita adesso».
La sua vita calcistica non gli ha regalato un’altra possibilità per vincere la Champions. Ma a carriera finita, gli è rimasto qualcosa di molto più importante di qualsiasi coppa, l’affetto dei tifosi. Crespo è uno di quei pochi giocatori amato e stimato da tutti: ha giocato con entrambe le squadre di Milano ma è rimasto nei cuori sia dei milanisti che degli interisti. Ha giocato con le maglie di Parma, Lazio e Genoa. Ha segnato molti gol alla Juventus. E sarà un caso, ma anche quando va a Torino viene applaudito.