Per tutti è “il capitano”, anche per chi interista non è. Perché Javier Zanetti è un esempio di onestà e correttezza. E, come al professor Keating nel film “L’attimo fuggente”, si è rivolta la folla di studenti che l'ha accolto il 15 aprile in Università Cattolica per l’evento di lancio della Summer School in Ideazione e produzione di programmi televisivi sullo sport, promosso dall’Alta scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Ateneo e da Fox SportsHd. Un corso che forma «persone che devono ideare e gestire forma televisivi in grado di raccontare lo sport in maniera diversa, senza retorica, senza i soliti luoghi comuni», come afferma il direttore della School Giorgio Simonelli.
Parole adatte per presentare un calciatore mai banale, mai scontato, che si è sempre contraddistinto sul campo e fuori dal campo per i valori che rappresenta: sacrificio, tenacia, grande forza e voglia di andare avanti e non arrendersi mai. Un uomo con un forte attaccamento alla famiglia e un forte senso di responsabilità verso ragazzi e tifosi.
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Bandiera e capitano dell’Inter per oltre un decennio: con la maglia nerazzurra ha vinto 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Coppa Uefa, 1 Champions League e 1 Coppa del mondo per club FIFA, collezionando dal 1995 al 2014, anno del suo ritiro, 858 presenze, record assoluto nella storia del club. Con la maglia della Nazionale argentina, di cui è stato anche capitano, ha collezionato 145 presenze, un record assoluto.
«Ho amato e rispettato la mia professione - dice Zanetti -. Ho sempre provato un forte senso di appartenenza verso la mia squadra, fiero di essere interista anche nei momenti meno positivi. Ho costruito tutta la mia carriera sul rispetto, sulla dedizione, deciso a lasciare un segno e a ripagare l’affetto dei tifosi»: così risponde il capitano al professor Simonelli che gli chiede quando ha compreso di non essere più considerato solo un calciatore ma un atleta esemplare, amato e rispettato anche dagli avversari.
Il professor Carlo Galimberti spiega come sia diventato un modello immaginativo, in cui le persone si identificano. «Ho cercato di costruire tutto il mio percorso tenendo presente che potevo essere un esempio, soprattutto per i bambini e i ragazzi - risponde Zanetti -, e quindi ho riposto grande attenzione nei comportamenti. Con il calcio si può arrivare a tanta gente e quindi si possono lanciare segnali importanti».
E sono tanti i segnali di valore che il capitano lancia durante l’incontro, da quando afferma che «per vincere occorre prima saper accettare la sconfitta» a quando descrive la Zanetti and Friends Match For Expo Milano, la partita benefica del prossimo 4 maggio allo Stadio "Meazza" di San Siro, che coinvolgerà i grandi calciatori delle squadre milanesi e delle più importanti società internazionali: «Sono contento di questo match a Milano, una città che mi ha accolto e mi ha dato tanto, ma sono soprattutto soddisfatto che il ricavato sia destinato a tante organizzazioni che operano sul territorio milanese».
L’impegno nel sociale - Zanetti ha fondato la fondazione “Pupi”, un'organizzazione non profit argentina a favore dei bambini più poveri e disagiati – e l’essere sempre in prima fila in iniziative benefiche non sono che altri importanti goal nella lunga avventura sportiva di questo calciatore che, con il suo stile e la sua lealtà, ha insegnato e messo in pratica l’idea che «confrontarsi in campo rende lo sport modello di vita».
E una bella e singolare avventura è stata definitiva dal professor Simonelli anche la Summer School Ideazione e produzione di programmi televisivo sullo sport perché «è il completamento di quel percorso di studi sulla rappresentazione mediatica dello sport nati alla fine degli anni ’80 in Università Cattolica, grazie all’impegno del professor Gianfranco Bettetini, mentre altri atenei ritenevano bizzarri e quasi “snobbavano” l’idea di approfondire e analizzare le rappresentazioni e i format sportivi di informazione».