«Quelli che raccontano storie, gestiscono il mondo». Così Marco Bardazzi, direttore Comunicazione Esterna di Eni, spiega cosa sia il mondo della comunicazione per le grandi aziende, intervenendo martedì 3 maggio all’incontro dal titolo: La comunicazione è una bella storia. Il cane a sei zampe nell’era digitale. Portando i suoi saluti, il professor Guido Merzoni, preside della facoltà di Scienze politiche e sociali, ha ricordato il “rapporto” di lunga data che, grazie alla figura di Marcello Boldrini, lega la facoltà alla multinazionale creata da Enrico Mattei. Introducendo l’ospite, Luca G. Castellin, docente di Comunicazione e Politica, ha ricordato come la comunicazione di Eni abbia radici ben profonde, che risalgono già alla metà del secolo scorso. In una famosa scena del film Il sorpasso (1962) di Dino Risi, Vittorio Gassman, nei panni dello sbruffone Bruno Cortona, si rivolge al benzinaio affermando «Cane a sei zampe, amico fedele dell’uomo a quattro ruote», e – in tal modo – porta al successo lo slogan inventato da Ettore Scola.
Ma cosa significa fare una smart communication in un mondo di così forte transizione digitale? Secondo Bardazzi la risposta è nelle sei C della comunicazione: contenuti, condivisione, contaminazione, creatività, comunità, conversazione. L’obiettivo è produrre contenuti che riescano a interessare una vasta platea, non solo quella degli azionisti (shareholder). Bisogna condividere ed essere sempre presenti sul web, per attirare l’attenzione della gente, ossia dei potenziali stakeholder.
Eni deve rimanere al passo coi tempi e l’unico modo è quello di contaminarsi, cioè di coinvolgere molte realtà nei propri programmi. È necessario creare una comunità a cui rivolgersi, un pubblico di riferimento che si identifichi negli stessi valori. Le persone devono percepirti diverso dalla concorrenza e a questo si arriva con una conversazione sharing e con tanta creatività.
L’innovazione è il vero punto di forza. L’unica via è riorganizzarsi, con redazioni molto simili a quelle dei giornali. Servono open space a cerchi concentrici, in cui gli operatori possano mettere in atto un’efficace content strategy. Si producono i contenuti e se ne misura l’indice di gradimento, per essere pronti a rinnovarsi. Bisogna puntare a un’eccellenza delle media relation e portarla sui territori di riferimento con un approccio glocal mirato e puntuale. L’unico modo è scoprire nuovi “giacimenti” di storie inesplorate, che risultino interessanti sia per l’interno che per l’esterno.
Eni si ispira a modelli come American Express e General Electric, per spiegare cosa significa lavorare dentro all’azienda. Punta sulle testimonianze dei lavoratori, per spiegare in modo originale cosa significa al giorno d’oggi “essere Eni”. Poi rimane in collegamento col proprio pubblico, tramite la piattaforma Eniday e il blog dell’amministratore delegato Claudio Descalzi. Rispondere in tempo reale è necessario per potersi confrontare con la propria clientela, i propri dipendenti e la pubblica opinione. Le grandi realtà commerciali si contaminano con i giornali non solo per la pubblicità, ma anche per comprare pagine in condivisione in cui si raccontano storie di energia. Eni, per esempio, collabora con Il Sole24Ore per il mensile “IL”.
Inoltre, il direttore Comunicazione Esterna di Eni ricorda che «il contenuto è il re, ma la distribuzione è la regina che porta i pantaloni in casa». Senza un’ottima rete di condivisione, in particolare attraverso i social, contenuti di rilievo rischiano di passare inosservati. La comunicazione intelligente è il punto focale di un mondo digitalizzato. È indispensabile lavorare sulla reputazione, che ha un valore aziendale enorme.
Per questo Eni si impegna a reagire in maniera propositiva alla realtà che la circonda. Rispondendo alle domande del professor Fausto Colombo, direttore dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo, Bardazzi ha così potuto mostrare come Eni ha deciso di rispondere alle sfide del presente, disintermediando la sua comunicazione. Nel caso del referendum sulle trivelle, Marco Bardazzi ha scritto un articolo intitolato “Il referendum spiegato alle mie figlie”, con cui si è impegnato a chiarire lo scenario tramite le competenze aziendali. Per il caso Regeni, l’amministratore delegato Descalzi ha scritto suo pugno una lettera alla famiglia, per fornirle il suo appoggio. Bisogna essere sensibili alle problematiche che riguardano il proprio territorio di competenza, per dare un’immagine corretta di ciò che si vuole trasmettere. Perché «i colori di quello che racconti, non sbiadiscono mai».