Più di 100.000 docenti sono entrati in ruolo nei 14 mesi successivi dall’approvazione della legge 107 e altri 50.000/60.000 seguiranno nei prossimi anni. Con la messa a regime della cosiddetta “Buona scuola” entra nel vivo anche il rafforzamento dell’azione di formazione in ingresso e continua del personale docente. «Si tratta di una naturale conseguenza del forte sforzo economico sostenuto per ampliare gli organici delle scuole autonome e assorbire da un lato i precari “storici”, dall’altro i neo abilitati del percorso di Tirocinio formativo attivo (Tfa) e dei corsi di laurea di Scienze della formazione primaria» afferma Giuseppe Bonelli, dirigente Ufficio personale docente ed educativo della direzione generale per il Personale scolastico del Ministero dell’Istruzione Università Ricerca (Miur).
L’operazione interessa circa un quinto del totale del personale in servizio a tempo indeterminato, senza dimenticare il personale già in ruolo. «Un rinnovamento che impone un grande sforzo di formazione anche in relazione all’evoluzione complessiva del sistema introdotta dalla nuova normativa: piano triennale dell’offerta formativa, valutazione delle scuole, alternanza scuola lavoro, premialità, organico di potenziamento, individuazione per competenze» aggiunge Bonelli.
«Alla base di tutto vi è la necessità di implementare finalmente una strategia per lo sviluppo professionale continuo dei docenti. Gli insegnanti infatti costituiscono la “risorsa chiave” per il miglioramento del nostro sistema educativo» spiega Davide D’Amico, dirigente Ufficio Formazione del personale scolastico, formazione dei dirigenti scolastici e accreditamento enti della direzione generale per il Personale scolastico del Miur, a cui chiediamo quali sono le finalità della formazione continua.
«Il “senso della formazione” segue tre diverse dimensioni che fanno riferimento al sistema Paese, al sistema Scuola e al singolo docente» afferma D’Amico. «Da un lato vi è l’opportunità legata alla modernizzazione del nostro Paese (necessità, ad esempio, di potenziare le competenze nelle lingue straniere ed in quelle digitali); dall’altro l’esigenza di migliorare il sistema di istruzione, coniugando sempre più l’offerta formativa delle singole scuole con i bisogni educativi espressi dalla popolazione scolastica e dal territorio. In questo scenario la formazione diviene un elemento fondamentale per la valorizzazione della professionalità del docente che è strettamente connessa con le sue prospettive di crescita all’interno di una rinnovata e più collaborativa comunità scolastica».
Perché l’obbligatorietà? «L’obbligatorietà per la formazione non deve essere intesa come un numero di ore da svolgere ogni anno, ma deve essere inquadrata in un sistema scuola che migliora continuamente, in cui le azioni formative degli insegnanti sono inserite nel piano triennale dell’offerta formativa dell’istituto. È il Collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi del dirigente scolastico, che elabora il Piano dell’offerta formativa e quindi vi è una partecipazione attiva degli insegnanti anche nella pianificazione degli interventi in tema di “formazione”».
Come incentivare il personale e come motivarlo? «Stimolare la collaborazione e il lavoro in rete, la sperimentazione di nuove metodologie didattiche, l’attivazione di percorsi di ricerca/azione e di laboratori per lo scambio delle “best practices”, sono alcune delle modalità da privilegiare per la formazione degli insegnanti. Da questo quadro emerge che una formazione è sempre più connessa con le attività didattiche, sulle quali deve necessariamente mostrare una ricaduta. Le iniziative formative svolte dagli insegnanti verranno raccolte all’interno del portfolio professionale digitale e potranno essere utilizzate per i riconoscimenti di professionalità previsti dalle norme di legge».
Il mondo scolastico è pronto per una programmazione a livello di scuola o reti di scuole? «La nuova governance, che vede le reti d’ambito protagoniste per la progettazione delle attività formative e per la gestione delle connesse procedure amministrative (per la selezione di formatori, fornitori e per le rendicontazioni), rappresenta senz’altro la vera sfida in capo alle istituzioni scolastiche e al Miur in tema di formazione. Tanto più ci sarà collaborazione, condivisione degli obiettivi sia a livello di singola scuola (dirigente scolastico, docenti e personale amministrativo) sia tra i dirigenti scolastici delle scuole della rete d’ambito, tanto più vi sarà la possibilità di realizzare iniziative di qualità e di ricaduta positiva sugli alunni».
Quale può essere il ruolo delle Università? «Gli Atenei sono soggetti di per sé qualificati dal Miur a erogare percorsi di formazione in servizio per gli insegnanti ai sensi della Direttiva n.170/2016. I docenti possono partecipare ad iniziative formative programmate dalle università anche utilizzando il bonus della “Card del docente”. Quindi la capacità organizzativa delle università, in riferimento alla programmazione di un’offerta formativa dedicata, costituirà un elemento su cui prestare particolare attenzione se si vuole attrarre il personale docente».
Come possono gli Atenei accompagnare i processi di sviluppo delle competenze? «Il piano per la formazione dei docenti (2016-2018) prevede che “vengano studiate con le università possibili connessioni con i modelli di formazione iniziale”; e ancora prevede che “saranno valutate le azioni di tirocinio nelle scuole; saranno promosse azioni specialistiche (master e corsi di alte professionalità). Saranno inoltre diffuse esperienze di ricerca didattica condivisa e laboratori scuola università”. È lo stesso piano di formazione dei docenti che prevede un forte coinvolgimento delle università».