«Fragilità e fede» è il tema sul quale l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, è intervenuto questa mattina all’ottavo Convegno apostolico dell’Opera Don Orione, nell’Aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema «La spiritualità nella qualità di vita: il dominio mancante».
«La fede cristiana - ha detto l’arcivescovo - è l’atteggiamento della persona che non è ispirato dalle sue paure (la fede magica) né motivato dalla sua presunzione (la fede pagana), ma piuttosto fiducioso nelle promesse di Dio. Si potrebbe dire che la fede è dono di Dio, opera di Dio. La fede cristiana è la possibilità che è data per grazia di entrare in relazione con Dio Padre con l’atteggiamento del Figlio, Gesù: la confidenza senza riserve, l’obbedienza voluta e intelligente».
«In rapporto alla fede cristiana - ha proseguito monsignor Delpini - la fragilità si deve interpretare come situazione enigmatica, di cui non si può attribuire l’origine a Dio, che ha fatto bene ogni cosa, né attribuire la responsabilità, quindi la colpa, esclusivamente alla libertà umana. La rivelazione di Gesù non formula una spiegazione sistematica dell’origine del male, della condizione penosa dell’umanità, della fragilità.
Piuttosto che rispondere alla domanda dei discepoli: “Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” (Gv 9,2), Gesù dice che la situazione del cieco è occasione per una manifestazione della volontà di Dio, che non è la cecità, ma la guarigione dalla cecità, segno della grazia della fede: “Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è perché siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3)».
In conclusione l’arcivescovo di Milano ha chiesto: «Se uno domanda: “Che cosa fa Dio per i fragili, i poveri, gli infelici?”; “Che cosa vuole da me, il Signore?”, la risposta potrebbe essere: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2,4). Dio vuole che noi pratichiamo il comandamento di Gesù e con il dono dello Spirito rende possibile vivere come Gesù. Pertanto Dio “non ha niente a che fare con la causa della fragilità”, piuttosto donando il suo Spirito rende possibile anche a chi è fragile vivere come ha vissuto Gesù, amare come ha amato Gesù, vivere la situazione come occasione adatta per accogliere e vivere la vocazione all’amore».