Il Libano oggi accoglie 1,5 milioni di profughi siriani su una popolazione di 4,5 milioni, circa il 30%. «Storicamente il Libano è una terra accogliente - afferma monsignor Mounir Khairallah, vescovo di Batroun a 50 km a nord di Beirut e una delle persone più ascoltate dal patriarca maronita Béchara Boutros Raï, in questi giorni in visita all’Università Cattolica -. Nonostante la Siria abbia occupato militarmente il Libano per 30 anni, i libanesi continuano ad accogliere per tradizione tutti coloro che non si sentono di poter vivere degnamente nella loro terra».
«Tuttavia la situazione è faticosa a livello sociale, politico ed economico - continua il vescovo maronita -. Consideriamo da un lato che i profughi attualmente in Libano, se non si sbloccherà la situazione, inevitabilmente non vorranno più rientrare. Basti pensare che oggi nascono 60.000 bambini siriani in Libano contro 50.000 libanesi».
Monsignor Khairallah si sofferma, inoltre, sulle implicazioni geopolitiche della crisi siriana. «Chiediamo da tempo alle grandi potenze e all’ONU di aiutare i rifugiati a rientrare nel loro Paese ma non ci stanno ascoltando perché sarebbe un riconoscimento ufficiale del regime di Assad. La nostra richiesta non ha un significato politico ma unicamente di carattere umanitario».
«La situazione al momento è bloccata - aggiunge il vescovo -. Noi speriamo in una soluzione al più presto possibile per lasciarci decidere da soli le nostre sorti. Gli interessi economici e politici in gioco sono così grandi che non ci danno questa possibilità. Basti pensare che in questo momento americani e russi stanno lottando per avere la parte più grande dell’investimento per la ricostruzione della Siria che secondo un calcolo degli Stati Uniti ammonta a 600 miliardi di dollari».
«Noi cristiani in Medioriente siamo sempre stati in minoranza nella storia sotto tutti gli imperi. La qualità della nostra presenza e testimonianza ha fatto vincere l’essere e il rimanere cristiano sulla terra di Cristo. Non è il numero che conta ma è la qualità della nostra presenza, il fatto che siamo uniti e che conserviamo i valori umani. La nostra grande speranza è che lo scontro delle religioni non ci sarà. La responsabilità è nostra come cristiani. In questa grande crisi tra sciiti e sunniti siamo noi gli unici a poter fare da ponte. Se i cristiani sparissero dal Medioriente non ci sarebbe più vita neanche per i musulmani perchè anche loro hanno paura: non ci sono luoghi dove sciiti e sunniti vivono insieme, i cristiani sono gli unici a saper vivere con tutti».
«Questa è la nostra responsabilità, la nostra missione - conclude Padre Khairallah -. I cristiani del Medioriente non spariranno. Come diceva San Giovanni Paolo II, noi siamo un “Paese messaggio”, un Paese modello per tutti i paesi del mondo grazie alla convivialità tra le 18 comunità presenti sul territorio libanese. Vogliamo dire a tutti che il vivere insieme è sempre possibile».