«Questo è un libro controcorrente». È così che Vittorio Emanuele Parsi ha presentato l’ultimo lavoro del noto economista e storico del Medio Oriente e delle regioni del Mediterraneo, Georges Corm. Il volume “Il nuovo governo del mondo. Ideologie, strutture, contropoteri” è l’edizione italiana curata da Vita e Pensiero, presentata il 9 maggio all’Alta scuola di economia e relazioni internazionali (Aseri) dell’Università Cattolica con l’intervento dell’autore e della professoressa Marina Calculli, dell’Università di Oxford.
Il professore, che attualmente insegna alla Saint Joseph University e all’American University di Beirut, ha alle spalle un passato da consulente di diversi organismi internazionali, tra cui l’Unione Europea e la Banca Mondiale. Tra il 1999 e il 2000 è anche stato il ministro delle finanze del suo paese di origine, il Libano. Questo straordinario background lo rende una voce particolarmente competente sulle trasformazioni socio/economiche in atto, legate alla crisi globale apertasi nel 2007 e non ancora conclusa.
«Viviamo in un mondo segnato da una forte egemonia neoliberista». Secondo Corm, l’ideologia che è uscita vincitrice dalla Guerra Fredda veicola se stessa mediante un vero e proprio dogmatismo in grado di influenzare l’economia e non solo. L’economista libanese menziona il preoccupante controllo del mercato editoriale che esercita la dogmatica neoliberista. Tramite i giornali e i mass media, il sistema si alimenta e autolegittima.
Un’altra forma di “controllo” prende forma nelle università, secondo il professore della Saint Joseph University. Negli atenei di tutto il mondo, infatti, l’insegnamento dell’economia è legato a doppio filo al modello imperante. Così, nei luoghi in cui si dovrebbe formare un élite in grado di proporre riforme di ampia portata mediante un rinnovamento anche ideologico, continuano ad esser proposti i modelli che andranno a rinfoltire le fila dell’armatura burocratica del sistema mondializzato.
L’analisi del professor Corm si concentra principalmente sulla critica della cieca finanziarizzazione dell’economia, che sempre più spesso viene gestita mediante “freddi” modelli econometrici completamente scevri dai principi di etica e moralità. Quindi l’economista libanese, nell’immaginare un futuro più sostenibile, seppur non di facile attuazione, auspica una necessaria rivoluzione degli stili di vita. Infatti, solo una de-globalizzazione del modo di intendere e immaginare gli scenari socio/economici può contribuire alla costruzione di un «mondo aperto» nel quale trovi spazio un’economia solidale in grado di aggregare nel nome di un’economia solidale e umana.