Il nostro presepe immancabilmente presenta, come vuole tradizione, Gesù tra il bue e l’asinello. Nelle icone russe – considerate elemento indispensabile del culto dalla chiesa bizantina – troverete al loro posto il cavallo e la mucca. Come ha spiegato Sania Gukova, autrice del volume Icone russe di Natale (Interlinea), presentato il 14 dicembre nella lezione aperta di Editoria libraria e multimediale del professor Roberto Cicala, questa sostituzione dipende da una perdita della storia della tradizione per cui i due animali, l’asino e il bue, secondo l’allegoria rappresenterebbero rispettivamente i Pagani e Israele; ne consegue l’importante l’interpretazione dogmatica per cui la nascita di Gesù è rivolta a tutti gli uomini della Terra. La metamorfosi pittoresca subita nelle icone russe dipende da un fatto meramente popolare: ovvero, persa l’interpretazione simbolica, il cavallo e la mucca sostituiscono il bue e l’asino essendo gli animali più diffusi in Russia, quindi sentiti come i più vicini ai contadini e ai pastori. Questo è solo un aspetto della storia delle icone russe che riserva interessanti risvolti simbolici e pittorici per ogni personaggio legato alla natività, dalla predominante figura di Maria, spesso rappresentata sdraiata, come una donna che ha appena partorito, fino ai re Magi, Giuseppe e al bambino Gesù, spesso con il corpicino bendato, a richiamo della futura Passione.
Di altro tono è invece la sorprendente antologia Natale scapigliato a cura di Giuseppe Iannaccone che ha raccontato agli studenti il Natale al tempo del Risorgimento e dell’Unità d’Italia dal punto di vista dei poeti e scrittori scapigliati. Spesso dipinti come ribelli e spregiudicati, attraverso i loro scritti ci raccontano un Natale vicino alle origini: dal loro punto di vista la festività sembra aver smarrito l’originaria dimensione sacra trasformandosi in un rito consumistico a uso e consumo della detestata borghesia, opulenta e individualista. La sorpresa è che sfogliando le pagine dell’antologia questi scrittori, spesso considerati anticlericali, come Emilio Praga o Camillo Boito, per le loro blasfemie pensate per indignare la borghesia, risultino invece alla ricerca di una festa vicina alle origini, che tenda al recupero dell’età della fanciullezza, del candore compromesso dalle civiltà industriali. Il Natale diventa la cartina tornasole delle storture della borghesia del tempo, un rito conviviale di cui si è perso il vero spirito. La festa borghese è quindi simbolo del tradimento del messaggio cristiano che spinge gli Scapigliati a recuperare il messaggio di Gesù come apostolo sociale. Una testimonianza controcorrente d’altri tempi che può metterci anche oggi alla scoperta del vero significato del Natale.