Nelle aree metropolitane l’ambiente è più malato. «Le differenze esistenti tra le città metropolitane e il resto del Paese trovano la sua manifestazione più evidente nelle condizioni dell’ambiente che appare in quasi tutte le aree metropolitane più deteriorato rispetto alle altre aree del Paese, con conseguenti e rilevanti effetti sulla salute e sulla qualità della vita dei residenti nelle grandi città italiane», ha spiegato il professor Ricciardi. Il controllo ed il monitoraggio dell’ambiente sono indispensabili, infatti, per prevenire o, quanto meno, limitare i fenomeni di inquinamento e di degrado, in modo da tutelare e migliorare le condizioni degli ecosistemi nel loro complesso. Non a caso negli ultimi anni, molti studi (epidemiologici, clinici e tossicologici) hanno evidenziato gli effetti avversi dell’inquinamento ambientale sulla salute della popolazione residente, soprattutto, nelle aree metropolitane.
Che l’ambiente non sia ottimale lo si vede innanzitutto dall’indice di attenzione all’eco-compatibilità che permette di classificare ciascuna provincia sul fronte della adeguata gestione del suo territorio, ovvero in base all’utilizzo razionale delle risorse naturali e culturali per una progettazione del territorio nel rispetto dell’ambiente. La classifica dei comuni, in ordine di maggior attenzione alle compatibilità ambientali, è effettuata tenendo conto di diversi fattori: acqua, aria, energia, rifiuti, rumore, trasporti e verde urbano. Il punteggio complessivo dei comuni corrisponde alla media degli indicatori per ciascuno di questi aspetti della salute dell’ambiente.
Questo indice non fa onore alle province metropolitane, infatti solo due di esse, Venezia e Bologna, si trovano nella top ten della classifica dei 111 comuni capoluogo di provincia. Venezia (con un indice di 6,92) e Bologna (6,91) occupando, rispettivamente, il secondo ed il terzo posto nella classifica (e conseguentemente sono prima e seconda anche in quella delle sole aree metropolitane). I loro valori hanno anche registrato, tra il 2007 e il 2008, un incremento, sia pur minimo, pari a 2,07% a Bologna e a 1,76% a Venezia. Le altre città metropolitane occupano posizioni molto più in basso nella classifica generale.
Incrementi dell’indice si sono registrati anche nelle città di Trieste (5,26%), Catania (3,11%), Milano (3,04%) e Torino (2,72%), che hanno recuperato diverse posizioni in classifica. Tali risultati sono dovuti ai miglioramenti riguardanti sia la salvaguardia ambientale che la salute pubblica. Le città che, invece, presentano un decremento sono Napoli (-2,24%), Messina (-1,34%), Palermo (-1,19%), Firenze (-0,75%) e Bari (-0,73%) che, penalizzate per l’assenza di miglioramenti, sono retrocesse in graduatoria. Reggio Calabria è scesa nella classifica generale dal 44° al 54° posto.
Un altro aspetto interessante per misurare la salute dell’ambiente è l’inquinamento atmosferico. L’indicatore scelto per la stima dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico è il particolato fine (Pm10), in quanto è l’inquinante più frequentemente associato a una serie di esiti sanitari, che vanno dai sintomi respiratori alle diverse morbosità e dalla mortalità prematura alla mortalità cronica. Il numero di giorni di superamento del limite previsto per tale inquinante, seppur registrando una diminuzione nel periodo considerato (2003-2008) del 22,8%, non è ancora sufficiente per attestarsi sotto il limite dei 35 giorni di superamento del limite previsto per il PM10 (la normativa prevede che il valore limite giornaliero pari a 50 μg/m3 non venga superato più di 35 giorni l’anno). Addirittura, in alcune città del Meridione, si osserva un notevole aumento (Messina: +300%; Napoli: +187,2%). I dati suggeriscono la necessità di attuare provvedimenti a breve, medio e lungo termine per ridurre efficacemente la concentrazione di particolato, altrimenti pericoloso per la salute. La riduzione o il blocco del solo traffico auto veicolare si sono infatti dimostrati rimedi inefficaci a lungo termine, se non associati ad una politica strategica di potenziamento, ammodernamento e conversione ad energie pulite e/o rinnovabili (a celle solari, ad idrogeno, a ricarica elettrica etc.) tanto dei trasporti pubblici (ma anche privati, attraverso incentivazione), quanto dei sistemi di riscaldamento (geotermici, eolici, a scambiatori di calore etc.), peraltro dotandoli di opportuni filtri depuratori per il particolato.
Un altro aspetto importante per misurare la salute delle nostre città è la disponibilità di verde urbano che è un indicatore che si ottiene dal rapporto tra la superficie dei comuni adibita al verde urbano e la popolazione residente.
È evidente il nesso con la salute dei residenti: le aree verdi, infatti, contribuiscono in vari modi a regolare il microclima cittadino, mitigano i picchi di temperatura, filtrano e purificano l’aria dalle polveri e dagli inquinanti ed attenuano i rumori e le vibrazioni, con un’azione positiva anche sull’inquinamento acustico. Infine, la presenza di verde soddisfa le esigenze ricreative e sociali della popolazione, e quindi è lo spazio ideale per svolgere attività fisica e contrastare il sovrappeso, contribuendo quindi a migliorare la qualità della vita nelle città.
La disponibilità di verde urbano in Italia risulta essere, nel 2008, pari a 93,6 mq per abitante, rimanendo pressoché costante rispetto al 2004, mentre è in lieve diminuzione rispetto al 2003 (94,1 mq per abitante). In tutte le città considerate, nel periodo 2003-2008, si assiste ad una sostanziale stabilità di aree verdi con alcune eccezioni: Venezia, Catania e Reggio Calabria aumentano il loro verde urbano di 8,7, 4,7 e 4,8 m2 per abitante rispettivamente, mentre Roma, che comunque è prima per questo dato e l’unica città che supera in maniera consistente la media nazionale con un valore di 131,7 mq, per abitante registra una diminuzione di 8 mq per abitante. A seguire troviamo Palermo, Catania e Cagliari, che presentano valori elevati rispetto alle altre città considerate (rispettivamente 76,0, 72,6 e 67,3 mq per abitante), ma, comunque, inferiori alla media italiana. Valori particolarmente bassi si riscontrano sia in città del Sud che del Nord; in particolare Messina, Bari, Reggio Calabria, Trieste e Milano presentano una disponibilità di verde urbano inferiore ai 20 mq per abitante.