Di Elena Gaffurini*
C'è qualcosa di magico nel realizzare l'impossibile, diceva uno che ha fatto sognare grandi e piccini come Walt Disney. E il mio sogno, dopo la laurea triennale in Economia e gestione aziendale era di mettermi in gioco, vivere un'esperienza unica, spendermi per un fine in cui credessi. È cominciata da qui la mia avventura, prima in Etiopia, poi in Sud Africa, passando per altri Paesi del continente nero. Sono partita con un grande sogno e l'inconsapevolezza di cosa mi aspettasse. Ho compreso la portata della mia scelta solo un anno dopo, a esperienza finita.
Tutto è iniziato compilando la candidatura per aprire Aiesec nelle Università dell'Etiopia. La motivazione che non mi avrebbe mai abbandonato era di poter offrire a giovani universitari con storie completamente diverse dalla mia le stesse opportunità di creare e guidare progetti internazionali che generassero un impatto positivo nella loro società.
Addis Abeba è diventata la mia città. Un luogo dove incontri casuali ti cambiano la vita. Ho incontrato diplomatici, ambasciatori, politici, dirigenti di istituzioni, marines, giovani universitari e una grande folla di persone comuni, ciascuna con la propria storia, ciascuna stupita di veder una ragazza europea camminare per le strade della città. Ho imparato a preparare la cerimonia del caffè, a gestire il buio causato dai tagli all'elettricità, lavare vestiti a mano, mangiare injera e cibo piccante con le mani. Ho imparato ad apprezzare la diversità, a lasciarmi stupire dalle storie delle persone dall'aspetto umile e dai grandi progetti per il proprio Paese. Ho fatto amicizia con giovanissimi rifugiati politici riparati nei campi profughi durante la fuga dall'Eritrea. Ho sperimentato la paura della repressione politica e della mancanza di libertà di espressione, ho imparato a capire le persone per tutte le parole che non mi avrebbero mai detto.
Ho lavorato per far crescere un'organizzazione internazionale per giovani in un Paese dove l'età media della popolazione è 25 anni. Insieme abbiamo offerto a studenti di Addis Abeba l'accesso a esperienze professionali internazionali. Abbiamo attratto ragazzi da America, Europa, Asia, Africa, Australia per lavorare in scuole e organizzazioni no-profit come insegnanti offrendo a migliaia di bambini e giovani la possibilità di interagire con persone di altri Paesi. Abbiamo lavorato affinché ogni bambino abbia diritto all'educazione e quindi a costruirsi un futuro. Uno dei nostri progetti ha supportato la promozione e l'accesso per alcuni studenti al Mba di Altis incentrato su Social Entrepreneurship che si svolge a Nairobi, Kenya.
Questa esperienza mi ha fatto innamorare dell'Etiopia perché dietro a ogni sfida che ne affligge la società si intravede nitidamente un'opportunità, per il dinamismo dell'economia in costante crescita, per la sua storia, le sue tradizioni, l'affetto e l'ospitalità delle persone. Ho imparato la potenza di un sorriso, l'importanza dell'umiltà e della gratitudine per tante opportunità che ci vengono date, solo per il fatto di esser nati nel nostro Paese.
Concluso il progetto di lancio di Aiesec in Etiopia sono partita per vivere uno stage internazionale che mi ha portato a coordinare il programma di responsabilità sociale d'impresa (Csr) di Deutsche Post Dhl in Africa. Il progetto si chiama GoTeach, si svolge in partnership con Sos Children's Villages, una Ong internazionale che si prende cura di bambini e ragazzi orfani o abbandonati. Il mio ruolo era quello di coinvolgere il personale in attività di volontariato finalizzate alla formazione e all'orientamento professionale dei giovani beneficiari di Sos. Ho avuto modo di viaggiare in Ghana, Kenya, Ethiopia, Uganda e in varie città del Sud Africa.
L'Africa visitata e vissuta, e poi osservata dal punto di vista degli Africani, è un continente molto diverso da quello a cui siamo stati abituati dal divano delle nostre case. Innanzitutto è un continente, composto di Stati con storie, culture, lingue, tradizioni, religioni diverse l'uno dall'altro. È un continente estremamente ricco, sulla via di una crescita economica travolgente, il continente la cui classe media diventa mercato d'attrazione per le nuove superpotenze del Bric.
Il Sud Africa, Johannesburg in particolare, è probabilmente lo specchio delle contraddizioni di una terra ricchissima di risorse, minerarie e agricole. Sandton, il quartiere finanziario, è popolato di complessi residenziali di lusso e ville, hotel a 5 e 6 stelle, Nelson Mandela Square. Emperors Hotel ospita il più grande Casinò africano, Montecasino è un centro commerciale costruito con gallerie che riprendono l'architettura dei centri storici italiani, appannaggio dell'influenza degli Italiani nel Sud Africa dell'Apartheid. Superstrade a quattro o cinque corsie popolate da Suv e auto di lusso delle migliori marche, anche italiane, collegano i quartieri e le aree della città. A pochi chilometri di distanza dal lusso si estende una della più grandi township della città, Alexandra. Il milione di persone che ufficialmente vive nell'area sopravvive di espedienti e lavoretti saltuari, per poter mandare i figli alla scuola pubblica della zona in classi di 50 o più alunni, in cui gli insegnanti si presentano quando possono. Di nuovo, il contrasto tra un sistema educativo pubblico che è tra i peggiori al mondo e scuole private di prim'ordine che crescono la futura classe dirigente che si formerà nelle migliori Business School e Università del continente, ovviamente a Johannesburg.
Vivere in Sud Africa espone a molte questioni sociali ancora aperte, talvolta drammatiche come gli scontri tra polizia e minatori in sciopero uccisi a Marikana lo scorso anno. Per capire il Paese oggi bisogna visitare i luoghi delle lotte studentesche, Vilakazi Street, l'unica via al mondo ad ospitare la residenza di due Premi Nobel nella township di Soweto, ormai destinazione e attrazione turistica. Lavorare e condividere esperienze con Sudafricani è un'esperienza unica che assume sfaccettature molto diverse se ci si trovi a viverle con Bianchi, Neri, Colorati, Indiani, come loro stessi si classificano. L'apartheid è un ricordo lontano raccontato in un apposito museo, ma l'integrazione sociale è ancora un miraggio.
Due esperienze molto diverse quella in Etiopia e quella in Sudafrica. Entrambe mi hanno insegnato a guardare il mondo con nuovi occhi, ad apprezzare quello che mi è stato dato, a cogliere opportunità quando si presentino e a lavorare per ideali in cui credo. Ho imparato ad amare il mio Paese, a esser fiera di esser italiana nel mondo, a esaltare le bellezze culturali e storiche dell'Italia, a parlare della nostra società per come è e per come potrebbe essere se tutti i giovani vivessero esperienze che li aprano al mondo e facciano loro apprezzare la diversità. Ma adesso è già tempo di guardare al futuro e prepararsi a ripartire.
* Elena Gaffurini, 24 anni, di Brescia, laureata nella triennale in Economia e gestione aziendale, facoltà di Economia, sede di Milano