di Lucia Bellucci *


Tutto è nato dalla mia immensa curiosità e dal mio interesse per le culture orientali. Volevo trovare qualcosa che mi permettesse di coniugare i miei studi, sociali e pedagogici, con la mia passione per i viaggi e per l’Oriente. Così ho deciso, mentre frequentavo il secondo anno di Scienze della formazione nella sede di Brescia, di partire per la Cina.

Il mio obiettivo? Fare ricerca per la tesi. Ho inviato un’email a una decina di docenti universitari di lingua e cultura cinese degli atenei italiani, spiegando il mio percorso accademico e il mio progetto tesi, con l’intento che almeno uno di loro mi potesse dare qualche informazione utile al raggiungimento del mio obiettivo.

Sono così entrata in contatto, nel luglio 2014, con un’organizzazione di cooperazione internazionale che ogni anno, in tre scuole dello Zhejiang – una regione nel sud est della Cina, che registra una forte percentuale di emigranti imprenditori verso l’Italia - rende possibili dei tirocini per gli studenti di cinese dell’Università di Firenze e Siena.

In questo modo, grazie all’opportunità “Design Your Career” presentata dall’Università Cattolica, il 14 novembre ero seduta su un aereo intercontinentale con destinazione Hong Kong e poi ancora su un altro volo con destinazione Wenzhou. Iniziavo così la mia grande esperienza nella "Terra di mezzo" come la definiscono i cinesi.

Una vera full immersion nella spiritualità buddhista, nel culto del cibo e delle sue bacchette, nello spirito di condivisione, nella jungla cittadina di Rui’an, Shanghai e Beijing e nella tranquillità del tipico villaggio rurale di Fengling, una località sulle cui strade si vedono ogni giorno le erbe medicinali ed i tipici noodles esposti al sole per l’essiccazione.

È in questa piccola cittadina che ho insegnato l’Italiano a una classe di bambini di età compresa tra i 7 e i 13 anni. Il motivo che ha spinto questi ragazzini a frequentare le lezioni di italiano è legato al fatto che, si ricongiungeranno ai loro genitori che, per ragioni lavorative, vivono in Italia da molti anni.

A scuola ho potuto frequentare tutti i giorni le lezioni di lingua, di storia e di calligrafia cinese; ho potuto osservare, in alcuni casi con notevole sorpresa, la didattica e lo svolgimento delle lezioni, la disciplina e il rigore a cui gli studenti sono sottoposti e la diversa scansione temporale delle lezioni che non durano più di 40 minuti e al termine delle quali ci sono sempre 10 minuti di gioco libero all’aperto.

Per raccogliere informazioni utili alla mia tesi sulla famiglia cinese ho elaborato delle domande che, con l’aiuto della collega di inglese, ho potuto somministrare ai nonni dei miei alunni sotto forma di intervista. Ogni weekend io e la mia compagna di viaggio dell’Università di Siena, ci spostavamo da Fengling per visitare altre città dello Zhejiang, tra cui: Rui’an, Ningbo, Whenzou e Hangzhou.

Finito il tirocinio il 30 dicembre e a un passo da Shanghai, non potevamo non festeggiare lì il capodanno 2015; e così è stato, in un locale al 24esimo piano di un grattacielo con vista su Pudong. Una meraviglia, un sogno diventato realtà. Il 3 gennaio siamo invece ripartite alla volta di Beijing, dove siamo rimaste per gli ultimi sei giorni della nostro viaggio.

Tutte note positive in questa esperienza. L’unica negativa è non avere la conoscenza della lingua cinese, ma con un po’ di predisposizione e di spirito di avventura, non è stato un problema così eclatante, ma è stato anzi un forte stimolo per imparare almeno le basi del cinese.

A rendere questa parentesi della mia vita speciale e indimenticabile è stata sicuramente la presenza e quindi la condivisione di molte emozioni con le mie compagne di viaggio, ma non posso dimenticare la generosità e l’accoglienza del popolo cinese che, nel sud della Cina, traspare anche dalla curiosità che nutrono nei confronti degli occidentali e del diverso. Un atteggiamento che non porta a conflitti o fobie, ma solo a tanto arricchimento personale, all’insegna degli autentici rapporti umani. Sorrido ripensando ai tanti sguardi e alle fotografie di gruppo scattate con qualche intruso autoctono che voleva assolutamente conservarci anche nella memoria della sua fotocamera.

Tornata alla realtà italiana ho sostenuto tre esami e ho iniziato un percorso di formazione per la mia nuova esperienza internazionale: il Mun 2015 in programma a New York. In quest’occasione ho preso parte alle simulazioni dei congressi Onu nella vera sede delle Nazioni Unite e ho rappresentato il Turkmenistan nella World Health Organization.

Se devo dare un consiglio, direi a tutti: «Mettiamoci alla prova il più possibile, ora che possiamo facilmente migliorarci e, se possiamo, per aumentare il confronto e l’arricchimento, facciamolo all’estero; poi però cerchiamo di tornare a casa per dare nuove e fresche risorse al nostro Paese».

* Facoltà di Scienze della formazione, sede di Brescia