di Roberto Brambilla
Pur annunciato da più parti come imminente – tra siti specializzati, bufale estive e fake news –, nessuno conosce in verità le reali scadenze del bando di concorso per il reclutamento dei nuovi insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado, il cosiddetto Fit previsto dal Dl 59/2017. Diverse restano ancora le incognite che incombono sulla definizione di una data, anche se i meglio informati sostengono: non prima della fine del 2018. Una cosa, però, pare certa. Il tempo per prepararsi, se sfruttato bene, ci sarebbe.
Era stato un altro atto ministeriale, quest’estate, nel pieno della calura agostana, a scaldare ulteriormente gli animi e a mandare in agitazione su questi temi candidati e istituzioni. Il famoso Dm 616/2017, il decreto attuativo che avrebbe dovuto spiegare le modalità pratiche di realizzazione delle previsioni normative in vista del prossimo concorso di immissione al ruolo, ha di fatto definito alcuni principi e contenuti per la preparazione al Fit, lasciando tuttavia sul tavolo diverse questioni ancora aperte, tanto per gli atenei – chiamati ad assumere un ruolo di responsabilità nella preparazione al Fit – quanto per i futuri candidati, che in molti casi non sanno bene a tutt’oggi dove e come lucrare i crediti necessari per l’iscrizione al bando. Tant’è vero che c’è voluta un’altra Nota ministeriale – quella del 25 ottobre 2017 – per chiarire ciò che fino alle prime settimane di quest’autunno ancora non risultava evidente.
Complicazioni procedurali a parte – penso soprattutto al dibattito innescato con l’introduzione dei 24 Cfu – c’è un aspetto di questa norma che conviene non sottovalutare. La legge sulla Buona Scuola prevede un tratto di discontinuità rispetto al passato per quanto riguarda l’abilitazione. Le varie Ssis, i Tfa, i Pass fornivano le competenze necessarie per le carriere dell’insegnamento, ma non immettevano direttamente al ruolo. Il nuovo percorso Fit, invece, almeno per come disegnato sulla carta, costituisce la modalità attraverso la quale lo Stato recluta i futuri insegnanti per la scuola secondaria, senza bisogno di nuovi ulteriori concorsi. In questo senso, qualunque sia la data del prossimo bando, vale la pena considerare attentamente la sua preparazione.
Non entriamo qui nell’articolazione tecnica delle prove d’esame, di cui al momento non si conoscono contorni e dettagli. Tuttavia il suggerimento per chi senta come propria la carriera nella scuola media o superiore è di prendere fin d’ora in seria considerazione i contenuti del prossimo concorso, che il Dm 616 fissa sia negli obiettivi specifici da raggiungere, sia nel dettaglio delle singole attività formative (cfr. Dm 616/2017 Allegati A e B). In questo senso i percorsi per l’acquisizione dei 24 Cfu costituirebbero, più che un ennesimo intralcio burocratico allo sviluppo di una carriera già difficile, un’occasione di preparazione alle prove di concorso.
Durante un recente dibattito pubblico sui 24 Cfu ho assistito all’intervento di un dottore di ricerca che sosteneva di avere già, dopo tre anni di dura preparazione disciplinare, sufficienti competenze per accedere ai ruoli di insegnamento nella scuola secondaria. Probabilmente questo potrebbe risultare vero in relazione alle materie curricolari: l’italiano, la matematica, la filosofia. Ma come comportarsi quando in classe ci sono alunni con disturbi dell’apprendimento, bisogni educativi speciali o provenienze sociali “a rischio”? Credo che un buon insegnante, oltre a indicare ai propri allievi la meta, debba conoscere anche le strade che permettono loro di raggiungerla. Non basta sapere, occorre saper insegnare.
I 24 Cfu, in questo senso, rappresentano un’opportunità, non solo per prepararsi al concorso, ma, soprattutto, per verificare la propria attitudine alla professione. In questi giorni, anche in Cattolica, è uscito il bando che consente a laureati e laureandi di ottenerli per via extracurriculare.
Così come per alcune professioni – ordinistiche e non – i corsi di preparazione al concorso costituiscono una prassi ormai abituale e utilizzata, forse sarebbe importante anche per chi sente propria la vocazione all’insegnamento non trascurare questa occasione e prendere sul serio ciò potrebbe favorire da un lato la comprensione di alcune discipline non affrontate nel proprio curriculum universitario, dall’altro il superamento delle principali prove di concorso.