di Sofia Frigiola *
Sono sul volo diretto che tra sole 2 ore e mezza mi porterà a casa e segnerà la fine della mia esperienza Erasmus in Belgio. Mentre apro la lettera che le mie compagnie di avventura mi hanno lasciato prima di partire, rivivo tutti i momenti che ho vissuto in questi sei mesi.
Sono partita lasciando la capitale, la città dove studio e mi sento a casa da due anni per mettermi alla prova.
Mi sono detta: sarò mai capace di vivere in uno Stato diverso dal mio? Di farmi capire in una lingua che non è la mia? Sarò capace io, ragazza del sud d’Italia, di vivere in un posto dove il sole nel mese di dicembre è comparso per sole 10 ore e 31 minuti? Sarò capace di non sentirmi persa in una nuova Università, diventando nuovamente matricola?
La risposta è sì. Sono stata capace di affrontare le paure che avevo e di rendere questa esperienza un capitolo importante e meraviglioso della mia vita, non senza affrontare le difficoltà che mi si sono poste dinanzi in alcuni momenti.
Ho vissuto in una realtà completamente diversa, ho imparato che gli Erasmus sono dei ragazzi che pur essendo lontani da casa e dalle loro abitudini riescono a formare una grande famiglia in un posto completamente nuovo. Si fa festa tutti insieme, ci si sostiene a vicenda, si cerca di sfruttare ogni momento per non dare per scontato nulla, nessun posto, nessun luogo, nessuna amicizia; per scoprire, conoscere, imparare e studiare quanto più si può in questi mesi.
Il Belgio è un Paese piccolo, un crocevia perfetto di tante culture che vivono insieme da secoli ormai, e che, con tre lingue ufficiali, riescono comunque a mantenere un’identità e delle radici forti. È facile dire: sono italiano, sono francese, sono spagnolo, tutti sapranno identificarti con la tua cultura ma io non sapevo cosa significasse veramente dire: sono belga. Essere belga significa esser figlio di più lingue e di più culture che ti portano tutti i giorni a non essere mai scettico nei confronti di qualcuno che è diverso o parla una lingua che non è la tua.
Con la mia partenza ai primi di settembre sono stata catapultata in una realtà completamente diversa da quella che avevo vissuto fino a quel momento.
Roma è la nostra capitale grande, caotica e allo stesso tempo meravigliosa. Mons invece, la piccola e signorile cittadina in cui ho vissuto per sei mesi, conta solo 92.000 abitanti e vive della sua università e dei suoi studenti che riempiono le strade e riscaldano il clima freddo e umido del Belgio. Grazie anche al fatto di esser stata capitale della cultura nell’anno 2015 accoglie i turisti che vengono a visitarla con diversi musei e la sua Grande Place dove mangiare delle ottime frites e bere una birra belga, pietanze che ormai ho imparato a sostituire alla nostra solita pizza.
Ho capito che dopo questa esperienza faccio ormai definitivamente parte della generazione Erasmus, quei ragazzi che vedono i confini solo scritti sulle carte geografiche perché poi, alla fine, tra uno studente italiano spagnolo e tedesco cambia solo l’orario di cena.
* 21 anni, di Laterza (Ta), terzo anno del corso di laurea triennale in Economia e gestione dei servizi, interfacoltà Economia e Medicina, campus di Roma