«Come Jorge Bergoglio prima di lui, papa Francesco non solo predica la necessità del dialogo, ma la pratica. Di un dialogo vero, tra persone con punti di vista esplicitamente diversi, che comunicano per comprendersi. Non di un dialogo all’insegna dell’elogio reciproco, pensato dall’inizio per concludersi con una standing ovation; né un “dialogo” (solo in apparenza di tipo opposto) che sia in realtà una mera giustapposizione di monologhi».
Sono le parole centrali dell’intervento del grande sociologo di origine polacca Zygmunt Bauman (nella foto con Mariapia Veladiano) al convegno che ha celebrato i cento anni della rivista culturale dell’Università Cattolica “Vita e Pensiero”. Un accorato invito a praticare la via del dialogo, concluso da un appello molto forte: «Voltare le spalle al dovere di confrontarci con la varietà delle umane ricette per una vita decente, ci darà forse la pace mentale (benché, senza dubbio, solo per un po’) ma non risolverà nessuno dei problemi che minacciano il pianeta di estinzione e avvelenano la vita dei suoi abitanti. Con i suoi rischi e imprevisti, l’accettazione del dialogo può aumentare solo le difficoltà della vita privata, mentre il suo contrario mette in pericolo la coesistenza. Per il futuro dell’umanità in un mondo irreversibilmente multiculturale e multicentrico, l’accettazione del dialogo è una questione di vita o di morte».
Sul tema del dialogo, e soprattutto del dialogo tra Chiesa e mondo, abbiamo raccolto l’opinione di alcuni tra gli ospiti del convegno. Dal grande teologo protestante Jürgen Moltmann alla giornalista, scrittrice, insegnante Mariapia Veladiano. Dal filosofo del Centre Philanthropos di Friburgo Fabrice Hadjadj al gesuita padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, una delle persone più vicine a Papa Francesco. Per concludere con il teologo dell’Università Cattolica di Lisbona José Tolentino Mendonça.
Nelle video-interviste curate da Velania La Mendola e pubblicate sul canale Younicatt, oltre a spiegare perché la nostra epoca ha ancora “bisogno di Dio” e a rispondere alla domanda se le università oggi siano chiamate solo a formare bravi professionisti o possano essere ancora fucine di “vita” e “pensiero”, intervengono sulla provocazione lanciata da Zygmunt Bauman.
«Il dialogo non è quello delle tavole rotonde e delle grandi idee, ma, soprattutto per il Papa, è fare qualcosa insieme. Facendo insieme qualcosa ci si riconosce, ci si annusa, ci si comprende», afferma padre Spadaro, che si è anche soffermato sul valore dei social media come "luoghi" in cui condividere idee mettendoci la faccia.
Parole in linea con la risposta di José Tolentino Mendonça, che alla base del dialogo pone la voglia di dialogare: «Questa è una vera arte, un cammino da compiere perché diventi una realtà e non resti soltanto un desiderio».
«La chiave per il dialogo è quella che Papa Francesco sta portando avanti, e cioè che il mondo ha qualcosa da dire – afferma Mariapia Veladiano -. Il dialogo funziona se si pensa che la persona con cui entriamo in relazione ha veramente qualcosa da dire. La chiave allora è la sincerità, non il bon ton dell’ascolto».
Richiama Papa Francesco anche Jürgen Moltmann: «Il mondo ha bisogno di misericordia e di solidarietà. La combinazione delle due è ciò di cui abbiamo bisogno per superare individualismo e la brama neoliberista di soldi e piacere».
Il filosofo Fabrice Hadjadj mette l’accento, infine, sul dialogo chiesa-mondo: «La chiave per dialogare è una riflessione sul divenire della persona nell’epoca della tecnica che vuole fabbricare l’uomo». E la Chiesa può riportare l’umanesimo al centro della riflessione contemporanea.