In principio era l’homo oeconomicus. Poi venne la crisi. A mettere in dubbio, se ancora ce ne fosse bisogno, il presupposto del decisore razionale che sta alla base di alcune teorie economiche: un massimizzatore del proprio interesse, quasi un computer in miniatura capace di gestire molteplici variabili. La realtà, e altre teorie, hanno già dimostrato che le cose non stanno sempre così. Come spiega Federica Giudici, fresca del titolo di dottore di ricerca del dottorato di ricerca in “Persona, Sviluppo, apprendimento”. Il suo lavoro di ricerca, svolto sotto la supervisione di Davide Massaro, col titolo “Teoria della mente e decision-making: un approccio integrato allo studio della competenza mentalistica in giovani adulti”, approfondisce i metodi di valutazione utilizzati nel prendere decisioni e gli errori che le persone commettono quando devono fare una scelta.
Studi che analizzano le radici delle scelte di ogni giorno per svelare che quelle che crediamo essere decisioni ponderate e razionali spesso sono invece frutto di criteri psicologici o di altre pulsioni. Facciamo un esempio della vita quotidiana: «Se devo decidere quale modello di telefonino comprare – spiega Francesca -, in linea teorica dovrei considerare le diverse offerte dei rivenditori, le qualità e le caratteristiche del cellulare e valutare sulla base delle mie effettive esigenze. Dovrei, cioè, “massimizzare la scelta”. Nella stragrande maggioranza delle volte, invece, le cose vanno diversamente: siamo attratti dalla prima opzione presentata e studiata dalle strategie di marketing oppure da impulsi, come quello di comprare perché si è di cattivo umore, e quindi, per fattori psicologici. Spesso la “presa di decisione” è conseguente a meccanismi psicologici (quali, ad esempio, l’influenza dello stato emotivo) che vanno oltre i criteri razionali e formali».
Questi criteri non incidono solo sulle scelte più futili e leggeri delle nostre giornate. Lo studio di Federica Giudici mostra come anche nel prendere decisioni importanti e complesse, come quelle di tipo economico o medico, gli individui sono fortemente influenzati dalle proprie caratteristiche personali, dalle emozioni in gioco, dal giudizio sugli interlocutori, contrariamente al pensiero comune secondo cui le scelte su argomenti importanti si prendono facendo valutazioni lucide e razionali.
Ci sono poi altri tipi di errori cognitivi che si compiono nel processo decisionale. Per esempio, spesso le persone valutano se una decisione presa sia positiva o negativa solo sulla base dell’esito raggiunto, quando, a decisione presa, si “guardano indietro”. «Questo errore cognitivo si chiama “outcome bias”, cioè l’effetto distorsivo dell’esito – spiega Federica -: si tende a valutare la decisione solo sulla base del risultato. Un processo sbagliato perché quando si prende una decisione non si ha il potere di anticipare con certezza l’esito che avrà». Ciò che si può fare è solo considerare i vari elementi e ponderarli. Eppure, spesso le persone agiscono proprio così, nonostante sappiano che valutare la decisione solo sulla base dell’esito non sia un criterio valido.
«Questo è uno dei dati che emerge dalla mia ricerca – prosegue la neo-dottoressa: chiedendo a dei partecipanti di considerare una decisione medica, come un’operazione che porta a stare meglio e una, invece, che porta a gravi complicanze, la scelta viene valutata come positiva o negativa solo sulla base esclusiva dell’esito, senza considerare né la storia clinica del paziente, che porta a optare per effettuare l’operazione, né il bilancio delle probabilità di successo o fallimento, che risultava essere fortemente a favore di un esito positivo».
Lo stesso vale per l’ambito finanziario, con tutti i disastri che la crisi che stiamo attraversando ha provocato a persone che hanno sottoscritto mutui capestro ma anche con le trappole dei derivati che hanno messo in ginocchio anche istituzioni pubbliche. «L’indagine mostra che la percezione del rischio che si corre e, di conseguenza, la quantità di denaro che si è disposti a mettere in gioco dipende fortemente dalle caratteristiche che si attribuiscono all’interlocutore e che il giudizio a posteriori sulle proprie decisioni, anche in ambito finanziario, è strettamente legato all’esito ottenuto».
Se ne possono trarre consigli pratici per la vita quotidiana? «Fornire un’arma in più per proteggerci da eventuali rischi o imprevisti. Riuscire a capire il significato di cosa si celi dietro una decisione, l’abilità di immedesimarsi nella prospettiva altrui permette di calibrare le nostre azioni, comprendendo le persone con cui stiamo interagendo. In questo modo si possono fare scelte strategiche».