La conciliazione famiglia-lavoro non fa notizia e non è un bel film ma popola le fiction. L’analisi della copertura informativa assicurata al tema dai telegiornali nazionali e delle rappresentazioni offerte dai film e dalle serie e programmi tv degli ultimi dieci anni mette in evidenza alcuni dati sorprendenti, come spiegano tre studi promossi dall’Università Cattolica, che sono stati presentati, il 2 ottobre in largo Gemelli a Milano.
Il tema della conciliazione è assente dai luoghi che, primi fra tutti, sarebbero deputati ad ospitarlo: i dati richiesti dallo studio di Piermarco Aroldi e Nicoletta Vittadini (OssCom) all’Osservatorio di Pavia sulla presenza della conciliazione nei telegiornali nazionali rivela che, considerando le edizioni serali (le più seguite), su oltre 413mila notizie fornite, solo 40 affrontano la questione della relazione fra famiglia lavoro e quasi sempre in una prospettiva anedottica.
Una situazione inversa è quella che si rileva nella produzione cinematografica e televisiva nazionale, come rivela lo studio di Ruggero Eugeni e Mariagrazia Fanchi. Per esempio, guardando agli oltre 1.200 film prodotti nell’ultima decade, ci si trova di fronte a una rappresentazione fortemente semplificata della conciliazione, riconducibile a due schemi: un plot compensativo, tipico della commedia, dove lo squilibrio fra famiglia e lavoro (che origina quasi sempre dalla sfera lavorativa: licenziamento, mobilità, etc) viene risolto - compensato appunto - dal ripristino delle relazioni familiari e affettive; e un plot consolatorio, proprio dei film drammatici, i cui personaggi trovano un modus vivendi e si “adattano” alla situazione di crisi (ridimensionando le proprie aspettative; modificando la propria visione del mondo).
Da ultimo, il modo in cui la serialità televisiva racconta e mette in scena il tema della conciliazione è testimonianza del lavoro di compromesso continuo tra tradizione e innovazione operato dalla televisione, come rivela l’analisi di Massimo Scaglioni e Anna Sfardini (Certa): da un lato, la fiction forte di produzioni nazionali e d'importazione, è il genere più capace di inserire nell'immaginario mediale nuovi stereotipi di uomini, donne e famiglie alle prese con la complessità della vita reale, sempre a cavallo tra lavoro e affetti; dall'altro lato la serialità proposta dai nuovi generi televisivi nati con i canali digitali, primo tra tutti il factual entertainment, si affidano a un più “certo” immaginario sociale, puntando sulla divisione e distinzione di genere, con canali maschili che raccontano un “saper fare” e un mondo lavorativo prettamente da uomini e con canali femminili che invece relegano la donna nel ruolo di una casalinga parzialmente emancipata e ancora al di qua della conciliazione.
La conciliazione tra mass media e social media. Piermarco Aroldi e Nicoletta Vittadini ( KB)