Un’ipoacusia permanente nel bambino può avere conseguenze sullo sviluppo del linguaggio e delle abilità cognitive, tanto più gravi quanto più grave è il deficit e quanto più è precoce la sua insorgenza. Il disturbo, soprattutto se presente come malattia isolata, può sfuggire ai familiari dei bambini che ne sono affetti, dato che in genere non sono visibili le lesioni che la determinano e che gli effetti sullo sviluppo del bambino non si manifestano nelle prime epoche della vita. Purtroppo le ipoacusie infantili bilaterali permanenti o persistenti non sono rare e quelle congenite hanno un’incidenza di circa 1.5 nuovi casi per mille neonati, con valori fino al 3 per mille evidenziati da studi più recenti. Esistono tuttavia alcuni gruppi di bambini, ad esempio quelli ricoverati nelle unità di terapia intensiva neonatale e quelli con precedenti familiari per deficit uditivi, in cui il rischio di un’ ipoacusia può essere 10-20 volte maggiore.
Nel caso dell’ipoacusia infantile, come per altre malattie, l’identificazione precoce del disturbo è un mezzo fondamentale per attuare i provvedimenti utili a risolverlo o controllarne l’evoluzione e le conseguenze. Per questi scopi lo strumento principale è lo screening audiologico, soprattutto in epoca neonatale. Al Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma lo screening audiologico neonatale viene effettuato da oltre 20 anni. Fino a marzo 2009 è stato limitato ai bambini che, secondo precisi criteri, presentavano condizioni di rischio per sordità. A partire dallo scorso anno è stato attivato un programma di screening “universale”, esteso cioè a tutti i nuovi nati presso il Gemelli, accolti nelle Unità di degenza della Neonatologia (Nidi, Nidini, Patologia Neonatale, Terapia Intensiva Neonatale).
Nei primi 12 mesi di attività (marzo 2009 - marzo 2010) sono stati sottoposti a screening audiologico tutti i 3145 nuovi nati presso il Policlinico Gemelli, con una percentuale di bambini richiamati per sospetto d’ipoacusia che è attualmente di poco superiore al 2%. L’intervento di diagnosi precoce ha portato alla scoperta di quattro casi di ipoacusia monolaterale (pari all’1,27‰ degli esaminati) e di 6 casi di ipoacusia bilaterale nei rimanenti (pari al 1,91‰). E quattro di questi bambini, affetti da ipoacusia da medio-grave a profonda, sono stati immediatamente avviati a un intervento riabilitativo presso il Gemelli con l’applicazione di protesi acustiche e alla logopedia.
Il programma di screening universale neonatale è stato possibile grazie alla costituzione di una “task force” di neonatologi del dipartimento di Scienze pediatriche medico-chirurgiche e di neuroscienze dello sviluppo diretto dal professor Costantino Romagnoli (Maria Fioretti, Simonetta Frezza, Patrizia Papacci, Maria Semeraro) e audiologi del dipartimento di Scienze oftalmologiche e otorinolaringoiatriche, diretto dal professor Gaetano Paludetti (Sara Giannantonio, Veronica Giglia, Luca Liberati, Bianca Martina, Livia Petrelli, Pasqualina Picciotti), che insieme ai tecnici e operatori specializzati di Neonatologia hanno attuato un articolato protocollo che prevede l’esecuzione dei test sui neonati, il fondamentale contatto con i genitori, la gestione degli appuntamenti per i richiami e del complesso “data base”.
Il protocollo dello screening
Lo screening, infatti, non si basa su un singolo esame, ma su un complesso programma di valutazione audiologica, che inizia in prossimità della nascita e, attraverso i controlli successivi dei casi dubbi, permette di arrivare alla diagnosi definitiva di un’eventuale ipoacusia entro i primi mesi vita. I metodi che permettono una valutazione dell’udito del bambino dalla nascita e fino ai primi anni di vita danno informazioni indipendentemente dalla ‘partecipazione’ del bambino e sono, in particolare, le oto-emissioni acustiche (OAEs) e i potenziali evocati uditivi (Abr). Queste procedure hanno caratteri di non invasività (sono prive di rischio), semplicità e rapidità di esecuzione (non turbano né allungano la degenza nei reparti di Neonatologia) e affidabilità diagnostica (sono accurate e attendibili). Il programma prevede la somministrazione dei test (OAEs ovvero OAEs+ABR, con strumenti di tipo palmare, che forniscono risultati basati su sistemi automatici di calcolo) negli stessi reparti di degenza ed entro la data di dimissione del neonato.
Il primo test sui neonati
Il risultato del primo test di screening non ha il valore di una diagnosi definitiva, ma individua i bambini con un udito sicuramente normale (denominati PASS) e quelli il cui test ha dato un risultato sospetto (definiti REFER). Questi ultimi vengono sottoposti a un ulteriore esame di controllo prima della dimissione e, se si conferma il sospetto, vengono indirizzati a una seconda valutazione ambulatoriale entro il primo mese dalla nascita.
Dalla diagnosi all’intervento terapeutico-riabilitativo
Il programma prevede, quindi, che i casi confermati come REFER (sospetti) siano convocati per una rivalutazione con registrazione ABR in laboratorio e con la supervisione di un esaminatore esperto di elettrofisiologia clinica, entro il 3° mese dalla nascita. Se anche in questa occasione si confermano risultati anomali, il bambino viene avviato a una completa valutazione diagnostica, che prevede una visita medica (otoscopia, osservazione del comportamento uditivo) e una serie di test (ABR, OAEs, timpanometria, studio dei riflessi cocleo-stapediali). Con questa diagnosi audiologica “definitiva”, che deve avvenire entro il 5°-6° mese di età (corretta, nel caso dei bambini nati pre-termine), si conclude il percorso dello screening e si avvia, se necessario, l’intervento terapeutico/riabilitativo. In tutti i diversi momenti del programma, oltre alla somministrazione dei test, viene fornita ai genitori un’accurata informazione relativamente a scopi e metodi dello screening e ai suoi risultati, attraverso materiale di documentazione e colloqui con gli stessi medici.