Grazie a una sperimentazione clinica avanzata su pazienti con tumore al seno, esperti del Policlinico universitario A. Gemelli di Roma hanno dimostrato che sei cicli di radioterapia a “basse dosi” somministrata in concomitanza al tradizionale trattamento chemioterapico pre-operatorio aumentano di oltre il 30% la risposta pressoché completa del tumore (cioè la sua scomparsa clinica e istologica) e di oltre l’85% le chance di una paziente di sottoporsi a una chirurgia non demolitiva della mammella. La radioterapia risulta ben tollerata dalle donne ed è efficace nel ridurre la massa tumorale al punto da consentire un intervento più conservativo, soprattutto nel gruppo di pazienti con recettori ormonali positivi, cosiddette luminali A e B, generalmente meno responsive alla chemioterapia pre-operatoria.
La sperimentazione è stata condotta dall’équipe del professor Vincenzo Valentini, direttore dell’Unità operativa complessa di Radioterapia Oncologica del Policlinico Gemelli, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista specializzata “The Breast”.
«Il trial clinico - spiega la professoressa Luigia Nardone, dell’Unità operativa di Radioterapia oncologica del Gemelli, che ha coordinato lo studio - nasce da una nostra idea di abbinare piccole dosi di radioterapia alla tradizionale chemioterapia, che si esegue prima di operare la paziente per rimuovere il tumore. Abbiamo visto che il trattamento radioterapico potenzia l’efficacia della chemio senza aumentarne gli effetti collaterali».
Di routine oggi, in alcune situazioni cliniche di malattia classificata in stadio IIA-B e IIIA, prima di sottoporre la paziente con carcinoma della mammella all'intervento di rimozione del tumore, si esegue un trattamento con farmaci chemioterapici (solitamente sei cicli) finalizzato a ridurre la massa tumorale, spiega la professoressa Nardone, in modo che al momento dell’intervento si possa aumentare la possibilità di una chirurgia conservativa della mammella. Di qui l’idea di abbinare ai farmaci la radioterapia a basse dosi sulla sede del tumore mammario, onde evitare di aggiungere tossicità alle pazienti già sottoposte a chemio.
Testata su 21 pazienti, 17 delle quali con recettori ormonali positivi e quattro cosiddette “triplo negative”, la terapia preoperatoria combinata si è rivelata ben tollerata e per oltre l’85% delle donne efficace nel consentire un intervento chirurgico conservativo Non sono state incluse nello studio le pazienti HER2-neu positive, che possono giovarsi dell’associazione di chemioterapia con anticorpo monoclonale, solitamente molto più responsive al trattamento farmacologico pre-operatorio. Nelle pazienti che hanno aderito alla sperimentazione la riduzione del tumore è consistente e aumenta la probabilità della donna di essere operata con chirurgia conservativa rispetto alla sola chemioterapia.
«Inoltre - spiega il professore Vincenzo Valentini, - la radioterapia consente anche di ridurre il tempo del trattamento radioterapico sulla mammella operata che di solito si rende necessario dopo l’intervento per prevenire la comparsa di recidive locali».
I risultati dello studio hanno confermato che l’aggiunta della radioterapia a “basse dosi” al trattamento sistemico ha un basso profilo di tossicità e una positiva interazione in particolare con alcuni sottotipi molecolari del tumore mammario. È in corso di pianificazione uno studio prospettico su più ampia e selezionata casistica per confermare i risultati ottenuti.