Uno studio di psichiatri della sede di Roma dell’Università Cattolica di Roma in collaborazione con le università di Bari e Bologna ha confermato la validità della scala di Berk per la misurazione della depressione nei pazienti con disturbo bipolare. Tradotto ora in italiano, tale strumento permetterà di riconoscere precocemente i casi più gravi di depressione e curarli al meglio. La depressione è un disturbo molto diffuso, che può causare gravi conseguenze ed è caratterizzato da una complessità di sintomi che interessano le energie, lo stato d’animo (o umore), il pensiero (spesso orientato in senso autolesivo) e il fisico con i suoi ritmi fisiologici (sonno, appetito, sessualità). Esistono due tipi di depressione, unipolare e bipolare. Se la prima è ben conosciuta per la sua grande incidenza (il rischio stimato è del 15-17% e si calcola che in Italia ne soffrano 8 milioni di persone), è ancora poco diffusa la conoscenza del disturbo bipolare (circa il 2,5% della popolazione generale), patologia sicuramente non facile da diagnosticare né da curare. Chi ne soffre alterna momenti di benessere, periodi di depressione e periodi di espansione affettiva di maggiore o minore intensità. In un terzo dei casi sono presenti fasi in cui la persona è contemporaneamente depressa ed eccitata.
Per cercare di migliorare la comprensione della depressione bipolare, aiutando enormemente la ricerca scientifica in questo campo, un gruppo di psichiatri, coordinato dal professor Michael Berk dell’Università di Melbourne, ha redatto una specifica scala di valutazione, la Bipolar Depression Rating Scale (BDRS). Ora per merito di psichiatri coordinati dal professor Luigi Janiri, direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università Cattolica di Roma, questa scala è stata “tradotta” per l’Italia con l’obiettivo di favorire l’esatto inquadramento diagnostico della depressione bipolare anche nel nostro Paese.
«Il nostro gruppo di ricerca, proprio in collaborazione con il professor Berk e con le Università di Bari e Bologna - spiega il professor Janiri - ha cercato di adattare questo strumento alla popolazione italiana, minimizzando l’impatto socio-culturale di uno strumento originariamente redatto per la popolazione di lingua inglese. Abbiamo così cercato di fornire ai clinici e alla comunità scientifica nazionale uno strumento utile per la più completa e corretta valutazione della sintomatologia depressiva dei pazienti bipolari».
«Lo strumento permette di valutare in maniera accurata il profilo dei pazienti depressi, includendo argomenti specifici per le caratteristiche miste e risultando molto sensibile a quegli elementi psicopatologici comunemente ritrovati nei pazienti bipolari, come l’ipersonnia o l’iperfagia», prosegue Angelo Bruschi, collaboratore di ricerca presso l’Istituto di Psichiatria e Psicologia della Cattolica di Roma e curatore dello studio.
La scala di Berk. Si tratta di uno strumento in 20 domande su 20 diversi sintomi che vengono fatte dal clinico (psichiatra o psicologo) precedentemente formato all'utilizzo della scala; a seconda della risposta, può dare un punteggio che va da 0 a 3. Il totale massimo del punteggio della scala è di 60 punti. Le domande variano su diversi sintomi depressivi tipici e atipici, tra cui i sintomi bipolari misti e maniacali. “Si tratta di una scala psicometrica- spiega il dott. Bruschi -, quindi serve a misurare (numericamente) la gravità di un sintomo e non serve per fare diagnosi; risulta utile al clinico per standardizzare le domande, ripeterle nello stesso ordine e dare un valore univoco alla sintomatologia, confrontabile nel tempo e tra colleghi, a fini clinici e di ricerca. I risultati a oggi ottenuti sono la maggiore sensibilità rispetto alle scale pre-esistenti con pazienti bipolari”. “Grazie a questo strumento – sottolinea il prof. Janiri - , speriamo di poter migliorare il riconoscimento precoce di tale sintomatologia, caratterizzare le differenze rispetto alla depressione unipolare e, soprattutto, diminuire il numero di pazienti erroneamente interpretati come unipolari e quindi impropriamente trattati come tali. In tal modo riteniamo che si possa diminuire il rischio di trattare tali pazienti in maniera incongrua, scatenando reazioni contro-polari (un nuovo episodio maniacale), stati misti e rapida ciclicità (cambio dell’umore repentino nell’arco della stessa settimana o addirittura della stessa giornata), fortemente correlati nella letteratura internazionale a un severo incremento dei tassi di suicidio».
Lo studio. Sono stati 155 i partecipanti allo studio selezionati tra quelli consecutivamente giunti alle cure delle strutture psichiatriche partecipanti alla ricerca, di cui 95 al Policlinico Gemelli e 60 presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria ‘Consorziale Policlinico’ di Bari. «Il campione, coerentemente con il progetto originario dello studio – sottolinea il dottor Bruschi -, è risultato rappresentativo di una notevole differenza di gravità sintomatologiche, con pazienti ricoverati e pazienti in regime di day hospital e pazienti seguiti ambulatorialmente. I pazienti sono stati selezionati secondo i seguenti criteri: età 18-65 anni, diagnosi di disturbo bipolare, diagnosi di disturbo depressivo maggiore, manifestazione di sintomatologia depressiva, nessun grave deficit cognitivo, madrelingua italiana. L'ordine di somministrazione delle scale è stato reso quanto più possibile casuale così da limitare la fatica degli operatori, con un possibile scadimento o regressione dei risultati medi. Ai pazienti è stato infine richiesto di compilare il TCI-R, ossia il test della personalità, strumento per la valutazione delle caratteristiche temperamentali e caratteriali. Differenze socioculturali, date dalle differenze geografiche dei due campioni, risultano evidenti nei tassi di scolarità, di occupazione e nelle differenze di stato civile. La notevole rappresentatività del nostro campione - concludono Janiri e Bruschi -, è spiegata dal fatto che comprende pazienti sia ricoverati (in regime ordinario o di Day Hospital) che pazienti ambulatoriali, esaminati individualmente per la loro sintomatologia soggettiva depressiva in due differenti centri italiani, con un bacino d’utenza molto differente. Inoltre, per meglio caratterizzare la scala, è stato scelto di analizzare anche un piccolo campione di pazienti unipolari. Data la scarsa potenza statistica del campione di depressi unipolari, i dati sono stati utilizzati soltanto per valutare la sensibilità della Bipolar Depression Rating Scale (BDRS), senza poter approfondire le analisi sulle differenze sintomatologiche con la depressione bipolare. I risultati mostrano che la BDRS è una scala valida per la misura della depressione nei pazienti con disturbo bipolare».