Nel 1896 a Shangai nasce il primo film made in China. Da allora tutto è cambiato. I nuovi cineasti cinesi leggono le teorie sul cinema, seguono i modelli americani, ne analizzano le strutture narrative e il linguaggio. Proprio il cinema cinese è stato il tema, venerdì 6 maggio, di un incontro di studi organizzato dalla Cattolica in collaborazione con l'istituto Confucio e con il centro culturale San Fedele. Presenti lo sceneggiatore del capolavoro Lanterne rosse, Ni Zhen, e la regista e sceneggiatrice, Xue Xiaolu, entrambi membri dell’Accademia del cinema di Pechino.
La giornata di studio ha offerto un’occasione di confronto con due protagonisti di primo piano dell’arte di questo grande e discusso Paese. Al mattino è stato proiettato il film drammatico Ocean Heaven (Hayiang tiantang) diretto da Xue Xiaolu. Subito dopo è stato aperto il dibattito, in cui i due ospiti si sono soffermati a raccontare, con l'intervento di Armando Fumagalli, direttore del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema, la propria esperienza sul grande schermo.
Ni Zhen e Xue Xiaolu non si sono tirati indietro neanche sugli argomenti più scottanti, come il cappio della censura: «Ogni film– ha spiegato la sceneggiatrice Xue Xiaolu – deve passare attraverso una censura preventiva: si controlla che non ci siano contenuti scomodi. Uno dei temi più delicati è quello della sicurezza interna: come funzionano i sistemi di polizia, quali sono le condizioni di detenzione nelle carceri». «C'è molta più libertà quando si raccontano storie personali di vita quotidiana – ha continuato la regista – . La censura non è così opprimente come si crede. È molto diffusa, ma estremamente sottile. Non ci sono argomenti esplicitamente vietati». «Ultimamente ho realizzato dei film che raccontano amori tra cinesi e coreani - ha raccontato lo sceneggiatore Ni Zhen -. Devo lavorare di nascosto, in assoluto segreto, perché le autorità del nostro Paese mi impedirebbero di trattare temi simili. Il governo preferisce che non si parli ufficialmente dei rapporti con la Corea».
Questo cinema predilige il silenzio. L’alternanza pause-dialoghi - senza voci fuori campo -, e le scene dal gusto estetico squisitamente orientale ne costituiscono gli ingredienti principali. Gli sfondi prediletti sono gli scenari post-socialisti, sia metropolitani che rurali. La maggior parte delle pellicole di oggi cercano di cogliere l’essenza di una evoluzione che sta travolgendo, e cambiando, il Paese. Come in Lanterne Rosse (1991), film basato sul romanzo Mogli e Concubine di Su Tong. Il lungometraggio è un'analisi della condizione femminile e del rapporto tra i sessi. «Io mi sono sempre interessato al mondo delle donne – ha raccontato il suo sceneggiatore, Ni Zhen -. Come diceva Antonioni, la creazione cinematografica non può essere scissa dalle esperienze personali. È così anche per me».
Lanterne Rosse racconta la storia di una studentessa che diventa la concubina di un ricco signore. Spiega Zhen: «Fino agli anni '40 la condizione di vita delle donne era molto difficile. L'avvento della Repubblica nel 1911 si rivelò una cocente delusione per chi ci aveva creduto. Nel 1950 la legge sul matrimonio e la parità dei diritti hanno rivoluzionato una società immobile da secoli. Dal 2000 in poi, però, l'introduzione dell'economia libera ha portato a un forte contrasto tra ricchi e poveri. I ricchi non rispettano le donne e spesso hanno più mogli. Questo comportamento è vietato dalla legge, ma a volte sono proprio i potenti, gli uomini del governo corrotti, che mantengono più compagne. La popolazione cinese non accetta assolutamente queste cose. Scoppiano scandali enormi». Ni Zhen, che nel prossimo progetto lavorerà con l'italiano Maurizio Sciarra, spiega: «Nel nostro Paese c'è molta sensibilità verso questo tema. Nonostante tutto, per noi, le donne sono sempre “l'altra metà del cielo”».