Da dietro la cattedra, le mani si staccano dal microfono e afferrano il gessetto, dove cominciano a tracciare un diagramma ad albero sul passaggio di informazione esponenziale mentre l’aula ascolta in silenzio. Nulla di anomalo, se non fosse che chi parla in piedi davanti alla lavagna dell’aula Vanni Rovighi di largo Gemelli si chiama Giovanni, ha 12 anni ed è stato invitato in Università Cattolica con alcuni compagni della II B della Scuola media di Mosso, in provincia di Biella, a tenere una lezione speciale sul crowdfunding, il sistema online per raccogliere fondi per sostenere un progetto. La causa in questione si chiama Budelli ed è una piccola isola dell’Arcipelago della Maddalena, in Sardegna, oggetto negli ultimi anni di una causa legale che ha coinvolto un magnate neozelandese e l’Ente Parco della Maddalena.

Nel 2013, Michael Harte, banchiere di Auckland, aveva acquisito l’isola per poco meno di tre milioni di euro, dopo il fallimento della precedente proprietà. Vista l’irrisorietà della cifra, l’Ente Parco si era opposto al trasferimento, ma lo scorso ottobre il Consiglio di Stato ha dato ragione al Neozelandese. «È uno dei posti più belli che ho mai visto - aveva detto - una perla rara che voglio far conoscere al mondo, trasformandolo in un museo naturalistico a cielo aperto a disposizione di tutti». A metà febbraio, tuttavia, Mr. Harte si è tirato indietro, dichiarando il suo progetto incompatibile con la classificazione dell’isola, con i vincoli imposti dalle leggi di tutela ambientale e con l’eccessiva opposizione dell’Ente Parco. E così Budelli è tornata ad essere un bene a disposizione del miglior offerente.

Proprio qui nella testa dei professori della scuola media di Mosso, in Provincia di Biella, è scattata una molla e hanno deciso di proporre ai propri studenti una delle più originali missioni di salvataggio concepibili. Raccogliere su internet la mastodontica cifra di tre milioni di euro per comprare Budelli, “l’isola dei giovani”, come la chiamano i bambini e farne un bene comune, lasciandola in gestione all’Ente Parco.

Il progetto ha cominciato a prendere gradualmente forma attraverso un difficile percorso a ostacoli: «Dopo aver stabilito l’obiettivo - ci spiega Francesca - era necessario capire come raccogliere i fondi. Quindi, oltre a decidere di affidarci alla piattaforma Produzioni dal Basso, era fondamentale capire a chi potevamo intestare il conto corrente per i versamenti, visto che la scuola non poteva per questioni burocratiche. Poi, a marzo, la decisione del tribunale di Tempio Pausania di assegnare la proprietà dell’isola al Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena ha risolto un po’ la situazione. Avevamo raggiunto il nostro obiettivo prima ancora di cominciare a raccogliere le donazioni».

Ma di fermarsi qui i giovani attivisti non avevano proprio intenzione. «Una volta tagliato il primo traguardo – ci dice Eleonora – ci siamo dati un nuovo obiettivo: fare di Budelli l’Isola dei Giovani, un’isola pubblica. È stato molto importante l’appoggio che abbiamo incassato dal Wwf, che ha deciso di sostenerci sul versante operativo e ha sottoscritto con noi un protocollo d’intesa e un decalogo di cose da fare a Budelli: si va da un camminamento rialzato per evitare di danneggiare le spiagge, alla salvaguardia delle specie marine dei fondali; dalla vigilanza tramite webcam affidata alle scuole, fino alla promozione di una campagna di rilevamenti archeologici».

Fabio è il più vivace dei “piccoli professori” che tengono questa singolare lezione. «Quando abbiamo reso pubblica la notizia che il nostro obiettivo era cambiato, dall’acquisto dell’isola alla salvaguardia dell’ambiente, abbiamo temuto che non avremmo più avuto lo stesso appoggio. Ma le persone hanno continuato a donare e a sostenerci. In fondo, il progetto, oltre che raccogliere soldi ha come priorità quella di coinvolgere tante persone da tanti luoghi diversi, perché Budelli deve essere l’isola di tutti, non solo nostra o dei donatori. In fondo è questo lo spirito del crowdfunding: avere il coraggio di proporre le buone idee che si hanno, perché tenerle per sé non serve davvero a nulla».

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