Ci sono volute intere generazioni di scienziati e un team composto da oltre mille individui (molti dei quali non hanno avuto l’onore di osservare il risultato del proprio lavoro) per arrivare ad individuare e classificare le onde gravitazionali.
Lo ha spiegato il professor Giovanni Andrea Prodi, dell’Università di Trento, intervenuto in Cattolica a Brescia nell’ambito della conferenza intitolata Catturare le onde gravitazionali, 2° appuntamento del ciclo Cento anni di geometria dello spazio-tempo, organizzato dal Dipartimento di matematica e fisica, per celebrare il centenario della pubblicazione della teoria della relatività generale di Einstein.
«Le struttura dell’universo in cui viviamo è molto più complicata rispetto a quello che i nostri sensi ci permettono di percepire; le onde gravitazionali sono una sorta di fremito nelle dimensioni e nella struttura dello spazio-tempo in cui siamo immersi. – ha speigato Prodi - Quello che siamo riusciti a fare è un’interpretazione della prima sillaba che l’universo ci ha mandato come messaggio, sotto forma di onda gravitazionale appunto, ed è un messaggio a cui prima l’umanità non aveva mai potuto accedere e che ci permetterà d’inaugurare un nuovo tipo di astronomia. La tecnologia vincente è denominata interfonometria ottica a lungo braccio ed è stata ideata circa 25-30 anni fa ma solo nell’ultimo decennio è giunta a maturazione completa; gli interferometri sono strumenti molto grandi che ci permettono di vedere meglio del miliardesimo del miliardesimo di un metro di distanza su kilometri, funzionano con la luce e necessitano di non essere disturbati da rumori, vibrazioni o attività umana».
Ma qual è la portata innovativa di tale scoperta e, soprattutto, quali gli effetti che questo importante risultato apporterà al nostro quotidiano?
«Si tratta di una scoperta effettivamente epocale: è frutto di un secolo di ricerche di fisica teorica e mezzo secolo di ricerca sperimentale per sviluppare di apparati e rilevatori sempre più avanzati e al limite di sensibilità che si pensavano inimmaginabili. Questo tipo di ricerche vengono perseguite soprattutto per scopi culturali e di conoscenza, quindi la prima conseguenza è il fatto dover riscrivere i libri su cui studiamo l’universo! Capire cosa cambierà nel nostro quotidiano non è ancora alla nostra portata… ma questo non può esimerci dallo studiare tali fenomeni. Ci sono teorie ardite che parlano della non impossibilità, in futuro, di effettuare viaggi spazio-temporali: ora è impossibile saperlo, ma se non proseguiamo in questa direzione non lo sapremo mai»