Divisi tra la paura di non capire la stretta parlata americana della docente e l’imbarazzo di doversi esprimere in una lingua straniera, cerchiamo tutti di non incontrare lo sguardo di Bobette Buster, professoressa per molti anni presso la University of Southern California, sceneggiatrice, script consultant e documentary producer. È Bobette che ci accompagnerà nel corso di questa Summer School - Cinema Project Development, prevista dal 18 al 24 settembre 2016 a Torchiara, in provincia di Salerno, una location decisamente suggestiva: un paesino di duemila abitanti ma che ha l’eleganza e la dignità del suo passato di piccola capitale della sua provincia, il Cilento; e che si apre su panorami di colline verdi che lasciano vedere in lontananza il mare, con la penisola sorrentina e Capri a fare da cornice.
Siamo in quindici, seduti attorno a una tavolata a ferro di cavallo: arrivati da diverse regioni italiane la sera prima, non ci conosciamo ancora. Eppure ci accomunano la passione e l’interesse per il mondo del cinema, della sceneggiatura e, in generale, della narrazione per immagini.
Mentre aspettiamo che l’insegnante inizi a parlare, scorro timidamente il foglio con il programma del seminario. Organizzato e proposto dall’Almed e diretto dal professor Armando Fumagalli, che nella nostra Università dirige il Master in International Screenwriting and Production, l’intenso corso si articola in due diversi momenti: una prima metà di lezioni frontali, e una seconda di confronto. I primi giorni saranno dedicati ai fondamenti generali dello storytelling, con visione e analisi di alcuni esempi significativi nella storia della cinematografia, negli ultimi, invece, saremo divisi a gruppi e lavoreremo sugli script proposti da alcuni dei nostri compagni, che partecipano al corso come autori. Anche se il tempo è poco, noto con piacere che sono previste sia una piccola gita al museo archeologico di Paestum, sia una serata a Castellabate, paese nel salernitano famoso per essere stato il set di Benvenuti al Sud nel 2010.
Una voce, garbata e perentoria allo stesso tempo, riempie improvvisamente la sala conferenze. Bobette ha iniziato a parlare, e tutto il resto passa in secondo piano. Le ore scivolano, un aneddoto dopo l’altro, una domanda dopo l’altra, e si arriva a fine giornata senza neanche rendersene conto. Bobette sa come tenere viva l’attenzione, lei non insegna: lei narra, ti fa vivere delle esperienze, ti coinvolge in prima persona. La timidezza viene spazzata via in fretta, non ha paura di fare domande personali, di indurre gli ascoltatori a raccontarsi. E lo fa in modo talmente accomodante che nessuno riesce, o vuole, resisterle. Dell’intervento di ciascuno, poi, elogia i punti di forza e spiega cosa si potrebbe migliorare per rendere la propria storia più accattivante.
Questa passione e questo entusiasmo ci accompagnano anche nell’analisi di film profondamente diversi, come Le ali della libertà, o Il diavolo veste Prada. Rivederli attraverso l’occhio esperto di Bobette, ci permette di cogliere sfumature e dettagli che altrimenti non avremmo potuto apprezzare. Persino un semplice video amatoriale, girato per caso da un gruppo di turisti durante un safari in Sud Africa come Battle at Kruger, diventa un’occasione per studiare e apprendere la struttura basilare di un cortometraggio di successo. Le storie, come dice Bobette, sono attorno a noi, ci circondano: bisogna saperle cogliere anche nella quotidianità e impegnarsi per trovare il modo migliore per raccontarle.
In poco tempo, Bobette è riuscita a insegnarci e a trasmetterci molto. Oltre a tutte le nozioni più pratiche, non ha trascurato l’aspetto umano: mi ha colpito il grande rispetto che ha sempre avuto nei confronti delle nostre proposte e delle nostre idee. Ha ripetuto più di una volta l’importanza di non criticare mai, se non in termini costruttivi, di non scoraggiare i colleghi, e soprattutto di non disprezzare l’operato degli altri, perché, anche se imperfetto, o inefficace, rimane comunque il frutto di ore di impegno e sacrificio.
E l’ambiente di lavoro della settimana viene caratterizzato proprio da questo rispetto per il prossimo. Il clima che si crea tra di noi è talmente positivo e propositivo, che le discussioni nate in sala conferenze ci accompagnano fino a sera, quando, dopo le ottime cene nel caratteristico ristorante centrale di Torchiara, rientriamo nelle nostre camere. Anche se è tardi, nessuno di noi ha mai troppa voglia di dormire: è grande il desiderio di sfruttare ogni momento insieme, la sinergia che si è creata nel gruppo è forte. Borgo Riccio, la residenza d’epoca che ci ospita, ci alletta con un’ampia terrazza illuminata in mezzo ai colli cilentani: sembra fatta apposta per accogliere noi e le nostre chiacchiere, le nostre risate e le nostre ultime riflessioni sui temi trattati durante la giornata.
Le nostre aspettative sono state più che soddisfatte: i sei giorni sono volati, la nostra passione si è rafforzata e l’ispirazione si è rinvigorita. Giunto il momento di salutarci, terminata anche l’ultima coinvolgente lezione, l’applauso di ringraziamento nasce spontaneo. Ora possiamo tornare a casa e mettere in pratica tutto quello che abbiamo imparato. O almeno provarci e riprovarci, fino a raggiungere la qualità desiderata, perché come ci ha insegnato Bobette, uno sceneggiatore “scrive per riscrivere”.