Una storia di amore per l’Africa nata per passione e vocazione. È quella di Francesca Oliva, che dopo il master di Aseri in European Studies and Global Affairs (2002/2003), da ormai diversi anni lavora come cooperante in Uganda per Avsi.
«Ho 34 anni e sono arrivata in Uganda con Avsi quando ne avevo 28. Ero spinta dal desiderio di fare un lavoro socialmente utile e, avendo studiato Economia, mi interessava occuparmi del miglioramento delle condizioni economiche delle persone povere nel Sud del mondo».
Una scelta dettata non dal sacrificio, sottolinea Francesca, ma dalla passione come avviene per tante altre professioni, e che il master ha contribuito a realizzare, approfondendo tematiche fondamentali per la sua professione e mettendola in contatto con l’associazione con cui tuttora collabora con soddisfazione. «Non ho mai sentito come privazione il vivere in nord Uganda, quando si è contenti di quello che si fa tutto il resto diventa superfluo, e gli anni trascorsi qui, in particolare i primi sono stati sicuramente i più importanti della mia vita, mi hanno fatta crescere sia dal punto di vista umano che professionale».
L’Uganda, destinazione capitata proprio nella fase iniziale del processo di pace dopo vent’anni di guerra nel nord del Paese fra i ribelli del Lord Resistance Army e il governo ugandese. Da allora il lavoro di Francesca e di tanti altri suoi colleghi italiani e ugandesi è stato destinato ad aiutare la popolazione acholi, che aveva vissuto in campi sfollati per più di 10 anni, a tornare nei loro villaggi e riprendere in mano la loro terra e la loro vita.
Un’esperienza forte, sia a livello umano che professionale, con la necessità di imparare a lavorare in situazioni avverse e imprevedibili, ma anche la possibilità di sperimentare “con mano” gli approcci di cooperazione che hanno più efficacia, fino a porre Francesca nella posizione di poterli ora promuovere e replicare in diverse parti del mondo.
«Dal punto di vista umano, la cosa che di più mi dà serenità è la semplicità, l’essenzialità di questi posti e di questa gente che aiutano a ricordarsi, lontani da mille stimoli e opportunità, quello che è più importante nella vita, mettendo da parte le preoccupazioni superflue. La sfida tuttavia rimane quella di guardare alle risorse e alle potenzialità invece che a quello che manca e ai bisogni».
«I nostri progetti parlano di povertà, malattia e mancanze - prosegue Francesca - e la tentazione è di guardare a essi prima che alle persone che abbiamo di fronte, ai tantissimi giovani pieni di speranze, vita, desideri e tantissime potenzialità: l’Uganda è fra i Paesi più giovani al mondo. È una sfida che riguarda me, cooperante in Uganda da quasi 6 anni, ma che è ancora più forte per coloro che qui non sono mai stati, fra cui tanti amici e anche la mia famiglia, e a cui è difficile comunicare un’immagine dell’Uganda, dell’Africa, differente da quella di bisogno e povertà».
Ma qual è la ricaduta delle attività sul territorio? «Misuriamo l’impatto dei nostri progetti proprio per comprenderne l’efficacia e l’efficienza e utilizziamo queste misurazioni proprio per aumentare e migliorare i risultati raggiunti. Il lavoro che facciamo, per quanto sempre migliorabile, ha un impatto importante sulla vita delle persone che incontriamo in termini di riduzione della povertà, ma soprattutto di aumento di protagonismo nella propria vita. Quest’ultimo aspetto è quello che mi sta più a cuore in quanto determina la sostenibilità dei nostri interventi, oltre a essere il più appassionante perché mi coinvolge dal punto di vista umano. Bellissimo a questo proposito il rapporto e il confronto con i miei colleghi ugandesi con cui è interessantissimo sviluppare approcci nuovi e allo stesso tempo crescere insieme sia umanamente che professionalmente, animati dalla passione per le persone che cerchiamo di aiutare».
L’insegnamento è un tema importante e assume diverse forme nell’esperienza di Francesca. «Gli ugandesi sono un popolo meraviglioso, accogliente, paziente, pieno di vita e potenzialità. La loro resilienza, ossia la capacità di affrontare le difficoltà e di reagire ai traumi della guerra è la cosa che più mi ha sorpresa e mi ha insegnato, e mi insegna tuttora, a stare di fronte a tutta la realtà compresi i dolori e la morte, perché anch’essi parte importante, e di non meno valore, della vita. L’Uganda è anche un Paese con moltissime risorse naturali, parchi bellissimi, dichiarato meta turistica del 2012 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo. Da visitare!».
Dall’altra parte, Francesca ha mantenuto i rapporti con il master, impegnandosi con la Faculty in progetti di ricerca e, dallo scorso anno, con un insegnamento in Aseri, dove tiene lezioni di monitoraggio e valutazione e di sviluppo economico attraverso micro-impresa. «Insegnare mi piace moltissimo e mi permette di restituire a giovani appassionati alla mia stessa carriera in cooperazione quello che apprendo e che ho appreso in Africa e che sono capace di mettere a tema proprio grazie agli insegnamenti a mia volta ricevuti dall’Aseri».