«Tu che stai leggendo queste mie righe sappi che nel presente libro userò la parola ‘scrittore’, almeno quando riferita a me, per pura e semplice convenzione, perché si sa che l’Italia pullula di scrittori, e chiunque abbia pubblicato non dico un romanzo o un racconto ma giusto una raccolta di poesie o anche solo una singola poesia si ritiene automaticamente tale. Anzi, di più: perché tra le Alpi e il Lilibeo esistono innumerevoli scrittori convinti di essere tali benché siano inediti, e questo nonostante da alcuni lustri si pubblichi ormai praticamente tutto».
Con queste parole tratte dal suo saggio E così vorresti fare lo scrittore, Laterza, esordisce il torinese Giuseppe Culicchia in occasione dell'incontro-evento organizzato giovedì 12 marzo in Università Cattolica dal Corso di Alta formazione "Il piacere delle scrittura", quest'anno attivo con la partnership di Mondadori, Emma Books, ManPower Group.
E così vorresti fare lo scrittore è una sorta di guida per far conoscere la realtà che ruota attorno al mestiere di scrivere, passando per tutte le tappe che costellano la nascita e il consolidamento di questo “mestiere”: dalla correzione delle bozze, al rapporto con l’ufficio stampa, dalla realizzazione della copertina alla costruzione del caso letterario, dalla prima presentazione in pubblico al dorato mondo delle lettere italiane, vissute tutte in prima persona dall'autore, che in precedenza è stato, per dieci anni, un commesso di libreria.
Tre sono le fasi identificate nella vita di uno scrittore, secondo Culicchia, che non manca di dispensare la sua ironia a tutti: quella della “brillante promessa”, al momento dell'esordio; quella del “solito stronzo”, quando ci si deve scontrare con le aspettative dei lettori e dei critici, in ogni caso comunque disattese; e infine quella del “venerato maestro”, che viene invitato anche ai talk-show di maggior rilievo.
Uno dei consigli per la fase iniziale della carriera di scrittore è “tirarsela”. Ma, osserva l'autore, «tirarsela come si deve, tuttavia, non è cosa semplice. Bisogna essere profondamente insicuri di sé e allo stesso tempo prendersi molto sul serio, tanto da arrogarsi la libertà di spiegare il mondo dall’alto della propria intelligenza a lettori e commensali, dichiarando altresì la bontà della propria poetica e sentenziando l’irrilevanza di quelle altrui, se possibile in modo così lambiccato da escludere a priori ogni seria ipotesi di chiarezza».
Culicchia racconta il suo amore per la scrittura, nato all'età di dodici anni dopo la lettura di Fiesta, il capolavoro di Ernest Hemingway, suo modello di riferimento assieme a Carver, Bukowski, Fitzgerald, Ellis.
Al '94 risale l'uscita del suo romanzo d'esordio, Tutti giù per terra, vincitore del premio Montblanc, che prima della pubblicazione aveva però, incontrato il rifiuto di alcune case editrici, salvo poi rivelarsi un gran successo.
La scrittura per Culicchia non scaturisce da una subitanea ispirazione, ma è frutto di un lavoro metodico, quotidiano, talora frustrante, di autodisciplina, nella consapevolezza che lo scrittore lavora sempre anche quando non scrive, quando è in giro, quando cioè è impegnato a raccogliere quel magazzino di storie, voci, fatti, accadimenti che anche se non immediatamente, serviranno per costruire la scena e il carattere dei personaggi.
Agli studenti l'autore ha raccontato anche la sua attività di traduttore che gli ha consentito di accedere a un vasto repertorio di testi e di gustarne il sapore originario dopo un faticoso lavoro, spesso sottopagato, in cui però, fortunatamente, è lui a scegliere i titoli da lavorare.
Nel corso del confronto-dibattito Culicchia ha messo in luce lo stato di eccessivo sovraffollamento del mercato italiano, che vede la pubblicazione di oltre 55.000 titoli all'anno, ma che soffre la crisi delle vendite, diventando disomogeneamente redditizio per gli editori.
Il dibattito ha toccato anche il tema del cambiamento del panorama editoriale italiano negli ultimi decenni: oggi ci sono possibilità di pubblicazioni più ampie che in passato, ma un esordiente rischia di non ricevere alcuna attenzione da parte dei media e dei potenziali lettori bombardati da troppe proposte.
All'attività di scrittura un autore deve oggi affiancare allora anche quella di autopromozione, facendo però attenzione a quella che Culicchia definisce la “finta democrazia del selfpublishing”, in cui l'autore sceglie di sostituirsi a tutte quelle professionalità variegate che sono necessarie a creare e diffondere un libro.
L'incontro si è concluso con la lettura della poesia di Charles Bukowski che ha ispirato il titolo dell'opera: “E così vorresti fare lo scrittore?”, poesia che l'autore riporta anche nel proprio libro. E alcuni versi sembrano essere un invito e un monito per tutti i presenti: “Non scrivere a meno che non ti esca dall'anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all'omicidio, a meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere: non c'è altro modo e non c'è mai stato”.