«Ogni volta che si scarica della musica, si crea un danno non solo all’artista ma a tutto il movimento, dagli impiegati che lavorano nelle etichette discografiche ai venditori». È nella pirateria e nella mancanza di una legislazione seria in Italia che Mara Maionchi, nota produttrice discografica, rintraccia il principale fattore di crisi del mercato discografico italiano. L’ex giudice del talent “X-Factor”, ha affrontato il problema parlando il 9 maggio agli studenti di marketing dell’Università Cattolica, in un incontro intitolato: “L'evoluzione del settore musicale. Uno sguardo ai talent quali strumenti di generazione di nuovi "prodotti" musicali e le sfide/minacce poste dalle nuove piattaforme di condivisione”.
La Maionchi, che tra gli altri ha scoperto talenti come Gianna Nannini e Tiziano Ferro, ha ricordato come nei decenni precedenti ci fosse il culto dell’oggetto, e la voglia quasi spasmodica di possedere il disco «forse perché rappresentava un’appartenenza: si ascoltava De André non solo perché faceva buona musica, ma perché la si pensava come lui. Nel mercato italiano, quando è venuta meno la spinta “valoriale”, ha perso d’interesse anche la musica leggera». Questo progressivo disinnamoramento, secondo l’ex direttrice artistica della Fonit-Cetra, è dovuto al fatto che «nel nostro Paese non c’è mai stata una cultura musicale fine a se stessa come invece c’è nel mondo anglosassone».
La produttrice, seppur ci tenga a ricordare che gli italiani detengono il triste primato dello scaricamento, ricorda che «la colpa è anche dei produttori che raramente sono in grado di produrre musica interessante e attuale». Le motivazioni sono molteplici. La più gravosa, però, è sicuramente la mancanza d’investimenti in grado di garantire una crescita completa agli artisti. «Un cantante per diventare un prodotto vincente, deve fare una scelta unica in grado di caratterizzarlo». Per costruire un percorso del genere, però, secondo la Maionchi ci vuole molto tempo. Un bene che il mercato discografico italiano non ha più. «Tutti i grandi cantautori italiani da De Gregori a Dalla per arrivare al successo ci hanno messo almeno 4-5 anni e quasi altrettanti dischi di sperimentazione e crescita. Oggi non ci si può più permettere tutto questo tempo, le multinazionali ti offrono una possibilità se riesci bene, altrimenti fai un altro mestiere».
A margine di questo discorso, s’inserisce la tematica Talent, che l’ex promoter di Numero Uno, l’etichetta fondata da Mogol e Battisti, considera «una buona occasione per avvicinare chi vuole fare musica a chi la fa» ma che inevitabilmente non può essere la panacea di tutti mali proprio perché assolvendo alle necessità di immediatezza del mezzo televisivo non riesce a far fare un percorso di crescita completo agli artisti.
In conclusione, la Maionchi ha invitato i ragazzi a dare il loro contributo a scegliere cosa sostenere tra i propri divertimenti, proprio perché «lo scaricare è un fattore non solo di mancanza di regole ma culturale: in Germania, per esempio, non lo fanno. Bisognerebbe capire che scaricare la musica significa lasciare a casa della gente che perde il lavoro».