L’Università Cattolica propone per il quarto anno consecutivo il bando per una posizione di Visiting Researcher a Chatham House (the Royal Institute of International Affairs) di Londra, uno dei più importanti think tank indipendenti sul tema delle relazioni internazionali. Myriam Zandonini, dopo aver partecipato al bando nel 2012 per l’International Economics Department, vi ricopre il ruolo di Research Associate.
«Dopo la laurea in Lingue per le relazioni internazionali - racconta la ventisettenne - ho frequentato il master in Economia e politiche internazionali, in collaborazione tra Aseri e l’Università della Svizzera italiana di Lugano (Usi). Durante il percorso, ho seguito corsi in inglese e tedesco all'Università di Stoccarda e ho frequentato due Summer School: alla Hebrew University di Gerusalemme e alla Copenhagen Business School. Ho effettuato inoltre un tirocinio al Consolato italiano di Dortmund».
Sei stata scelta tra i molti candidati che hanno presentato la domanda. Cosa ha convinto i selezionatori? Le esperienze all'estero mi hanno permesso di approfondire i temi affrontati nel corso del master e sperimentarne di nuovi, non legati al mio curriculum in senso stretto. Il confronto con studenti e professori internazionali mi ha aiutato nello studio, permettendomi di conoscere metodi di insegnamento diversi dal sistema italiano. Tutto questo mi ha arricchito personalmente, oltre che professionalmente, e ha probabilmente dimostrato, a chi mi ha selezionata, il mio interesse verso discipline altre rispetto al mio percorso formativo, una generale curiosità nell'apprendimento e una certa propensione alla relazione.
Com'è andata la tua esperienza presso l’IE Department di Chatham House. Che tipo di lavoro ti sei trovata di fronte? A quali ricerche hai potuto partecipare in quei mesi? In un think tank come Chatham House, la ricerca tradizionalmente intesa è sempre correlata allo scambio e alla relazione con tutte le persone legate ai vari progetti, i cosiddetti stakeholders. Il lavoro è molto flessibile: si è coinvolti in tutte le fasi di un progetto, dall'ideazione e pianificazione all'implementazione e coordinamento delle attività che vi sono collegate, inclusa la partecipazione a seminari e incontri. Me ne sono resa conto fin da subito.
In che senso? Ho lavorato a un progetto (Transworld) che si proponeva di analizzare l’evoluzione delle relazioni transatlantiche insieme a un consorzio di 13 istituti e università. A complemento di questa iniziativa, ho partecipato a un progetto di un altro think tank, Fride, sulle partnership strategiche dell’Unione Europea con un breve paper sulle relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea. Allo stesso tempo cercavo di imparare dai miei colleghi e di farmi coinvolgere nelle loro attività.
Ora a più di due anni dalla fine della prima esperienza come Visiting Researcher continui a collaborare con Chatham House. Che cosa ha reso possibile l’estensione della tua collaborazione e di che cosa ti occupi attualmente? Al termine del mio periodo come Visiting Researcher sono rimasta a Chatham House per continuare a lavorare al progetto sulle relazioni transatlantiche, di cui mi ero occupata sin dal mio arrivo (e che stiamo ultimando in questi mesi), e ho continuato ad aiutare i colleghi nelle altre attività. Al momento siamo impegnati su vari progetti: siamo alla fase finale di un rapporto sulla governance delle istituzioni europee; stiamo dirigendo le attività che porteranno alla pubblicazione di un libro sul coordinamento delle politiche macroeconomiche in collaborazione con il Fondo monetario internazionale e con accademici e altri esperti; infine stiamo ultimando l’application a un progetto sostenuto dal ministero degli Esteri inglese, insieme a un think tank con sede in Turchia, in previsione della presidenza turca del G20 nel 2015.
Che cosa consiglieresti a uno studente che sta completando il suo percorso di studi e guarda all'estero per opportunità di crescita professionale? Acquisire una buona padronanza della lingua inglese e abbinare alla capacità di analisi una propensione a sviluppare competenze relazionali e organizzative. Questo sicuramente vale per tutti, anche per chi trova una buona opportunità formativa in Italia. In particolare a uno studente che voglia provare a lavorare all'estero consiglio di iniziare ad approfittare delle esperienze formative (semestre di scambio, summer school, corsi brevi) e di tirocinio all'estero durante il percorso di studi, come primo approccio. Aiutano a conoscere realtà diverse e, allo stesso tempo, danno anche una chance in più quando si cerca lavoro nel mercato al di fuori del proprio Paese di origine.