di Beatrice Broglio e Lorenzo Cultrera
L’educazione e le competenze sono le fonti principali cui riferirsi per comprendere lo stato di salute della società. Una valutazione che non può prescindere dall’analisi del ruolo della tecnologia, che ha cambiato le regole fino a ora esistenti. Lo scopo delle università oggi è dunque duplice. Da un lato educare gli studenti. Dall’altro indirizzarli al futuro, sfruttando le potenzialità dell’era digitale.
Questo il nucleo della lectio magistralis di Andreas Schleicher, direttore dell’Istruzione e delle competenze e consigliere speciale per la politica dell’istruzione presso il segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd).
L’incontro, svoltosi il 4 febbraio nell’Aula Magna dell’Università Cattolica, ha introdotto la cerimonia di conferimento del titolo di “dottore di ricerca” a 303 neo dottori e neo dottoresse dell’Ateneo.
«L’Oecd riveste grande interesse anche per le università, chiamate ad aiutare i giovani a svolgere e interpretare al meglio le professioni del futuro, il richiamo di questa autorevole istituzione internazionale all’importanza delle cosiddette “transformative competencies”, che se innestate su una solida base educativa e culturale possono aiutare i giovani a essere più innovativi, responsabili e consapevoli» ha detto il rettore Franco Anelli, introducendo l’incontro. «Tutto questo vale anche per il “dottorato di ricerca”, massimo livello della formazione universitaria previsto dagli ordinamenti europei, ma non ancora abbastanza valorizzato, nel nostro Paese, come fattore di innovazione e sviluppo del sistema economico e sociale: una grave ritardo, che gli atenei come il nostro sono concretamente impegnati a colmare».
Secondo Schleicher «la sfida più importante riguarda la capacità di anticipare l’evoluzione delle competenze che saranno utili in futuro. Anche se la tecnologia oggi è nelle mani di pochi, questo deve essere un obiettivo comune». La riflessione si è concentrata anche sul mondo del lavoro. «Le conoscenze profonde, maturate dopo anni di studio, devono essere tradotte in pratica. Avere a disposizione delle nozioni tuttavia non è sufficiente. Servono oggi più che mai le soft skill, abilità complementari allo studio sui libri».
Sono dunque richieste capacità che ci permetteranno di non rimanere esclusi nel mondo del lavoro e nella società di domani. Ma quali? «Pensiero creativo, problem solving, analisi dei dati, resilienza, leadership, empatia, …Si tratta di promuovere delle skill che, maturate, durino per sempre. Ma alla base di ciò vi è un aspetto imprescindibile: rimanere umani. Sapere utilizzare la capacità di giudizio significa sapere utilizzare l’intelligenza artificiale nel modo migliore. Per sé stessi, per il prossimo e per il mondo», ha concluso Schleicher.