A guidare la scelta di Margherita Mera è stata la consapevolezza di voler aiutare l’altro. E, dopo la laurea triennale, si è spinta anche oltre Oceano per seguire i suoi sogni senza paura. «Nei miei anni di studi superiori la cosa di cui mi ero accorta era quanto un singolo adulto significativo poteva fare la differenza per una sedicenne con tante cose per la testa. Io volevo essere quella persona per qualcun altro, dare indietro quello che avevo a mio tempo ricevuto. Studiare Scienze della formazione e dell’educazione in Cattolica mi ha fornito la base teorica su cui costruire il mio sogno».
Tre anni tra aule, laboratori e tirocinio. Come è stata la tua esperienza universitaria? «È stato un periodo di scoperta e approfondimento, in cui la curiosità che da sempre mi spinge verso lo studio veniva nutrita dall’incontro con professori e colleghi. Il periodo universitario non è stato solo teoria: durante i miei anni in triennale ho avuto la fortuna di entrare in contatto con il progetto degli Educatori di Strada, presso cui ho svolto il mio tirocinio formativo. L’ esperienza con loro ha cementato ulteriormente la decisione presa, e mi ha dato modo di vivere nel quotidiano quanto stavo studiando».
Un’esperienza non solo teorica, che hai saputo concretizzare da subito in azione. «Dall’unione tra università e tirocinio è nata la mia tesi di laurea sul fenomeno del sexting tra i ragazzi della città di Piacenza, i cui risultati sono poi stati pubblicati all’interno di un manuale operativo per operatori scolastici e docenti. Dopo la laurea sono rimasta nel team di Educatori di Strada per circa un anno, in cui ho potuto ulteriormente affinare la parte pratica della pedagogia, per poi decidere di fare il passo successivo: trasferirmi a Los Angeles, California, per ottenere un master in Marriage and Family Therapy e divenire quindi una terapista a tutti gli effetti».
Un salto oltre Oceano, per realizzare i tuoi sogni. Di cosa ti stai occupando oggi? «Sono riuscita a entrate nella University of Southern California, e lì ho ottenuto il mio master nel maggio del 2019. Adesso lavoro come psicoterapeuta con le famiglie più marginalizzate della città di Los Angeles (persone immigrate, comunità LGBTQAI+, affiliate a gang, sopravvissute a traumi multipli e abuso, per citare alcune delle categorie più significative), lavoro intenso che sa donare immense soddisfazioni».
Ti senti pienamente soddisfatta? «Guardando indietro alla strada percorsa posso dire con certezza che quello che mi aveva spinto al principio, l’idea del voler essere una forza positiva e un catalizzatore di cambiamento nelle vite dei ragazzi, è quello che mi spinge ancora oggi ad alzarmi ogni mattino ed affrontare la giornata lavorativa con la stessa passione del primo giorno».
La competenza che hai maturato in Cattolica ritieni sia stata fondamentale per lo sviluppo della tua carriera? «Qualità è la parola che viene alla mente anche quando comparo la mia esperienza in Cattolica a quella americana: se non ho avuto particolare difficoltà a tenere il passo in un percorso di master così diverso da come intendiamo l’Università in Italia è anche perché avevo delle ottime basi. La cosa di cui sono più grata all’Università Cattolica è sicuramente l’incredibile qualità del corpo docente. Sono certa che se non avessi avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino persone come la professoressa Lombi, che ha acceso in me la passione per la ricerca, o il professor Bruzzone, al quale devo le solide basi nell’orientamento terapeutico che ancora oggi seguo, il mio percorso sarebbe stato molto diverso. Non posso inoltre non citare il professor Oliva, per avermi mostrato come la passione per l’arte che mi ha sempre animato poteva essere trasformata in strumento per il lavoro educativo e terapeutico».
Un consiglio che daresti a chi sta per scegliere l'università? «Il mio unico suggerimento è di capire quali passioni si hanno e cercare di perseguirle fino in fondo, per quanto le persone attorno potrebbero non essere d’accordo. Nel mio caso, seguire quello che sentivo essere giusto per me mi ha portato dalla prospettiva di un lavoro in azienda che non faceva per me (quello che si aspettavano tutti dopo il mio percorso di scuola superiore) a un lavoro che amo con tutto il cuore e che mi da infinite soddisfazioni. Non fermatevi davanti ai “dovrei” e “non dovrei”, ai “i miei genitori vorrebbero” perché alla fine siete voi che dovete vivere con i risultati delle vostre scelte, e studiare per tanti anni per ritrovarsi a fare un lavoro che odiate ma che tutti gli altri approvano non ne vale la pena. Di vita ne abbiamo una sola».